Visita il mio sito

Visita il mio nuovo sito

martedì 21 settembre 2010

La rivoluzione del Metodo Mézières nell'approccio kinesiologico

Tradizionalmente si pensa che il corpo, schiacciato dalla forza di gravità, debba rinforzare la propria mucolatura per resistere.
F. Mézières, invece, affermò che il corpo è schiacciato anche dalla propria "forza-peso", vale a dire dalla propria forza muscolare, dalle ipertonie, dagli stati di tensione e contrazione, dalle perdite di elasticità.
Per questo motivo Mézières affermò che non è corretto rafforzare la muscolatura dorsale di un bambino che corre il rischio di sviluppare una scoliosi, così come non è corretto intervenire con stiramenti locali e con quelli passivi.
La sua metodica prevede un allungamento globale attivo che faccia emergere tutte le compensazioni e che corregga le flessioni e gli slittamenti articolari del corpo.
L'intervento non consiste solamente nello stirare un muscolo isolato, ma nel "dialogare" con le tensioni che colpiscono tutta la catena muscolare al fine di allineare il corpo restituendogli la prorpia elasticità.
Il perdurare delle retrazioni causa crampi e dolori muscolari e il corpo naturalmente li affronterà deformando la propria struttura per evitare la sofferenza.
Questo circolo vizioso porterà inevitabilmente al peggioramento dello squilibio posturale.
Che grande intuizione ha avuto questa fisiatra francese divenuta famosa verso la fine degli anno '70!!!

martedì 14 settembre 2010

LA KINESIOLOGIA APPLICATA:


Nell’ambito della medicina (convenzionale e non) è comunemente riconosciuto che lo stato di salute viene mantenuto per effetto dell’equilibrio di 3 fattori:
1. la STRUTTURA (anatomia)
2. la BIOCHIMICA (fisiologia)
3. la PSICHE
Un’alterazione di 1 dei 3 fattori causa malattia. La Kinesiologia applicata si occupa del 1°, ossia della STRUTTURA, che influenza e viene influenzata dagli altri 2. Ad esempio stress psichici possono causare rigidità muscolare a livello cervicale e questa, a sua volta, può modificare, nel corso del tempo, la struttura del rachide. La scoperta della K. Applicata si deve a George Goodheart il quale, per primo, ha messo in relazione i muscoli ed il loro funzionamento agli organi interni.
I primi studi risalgono agli anni 60; da allora la tecnica è stata “affinata e modificata” sino ad arrivare all’attuale che consiste in un test neuromuscolare che, sulla base della contrazione/rilasciamento dei muscoli, valutati seguendo una specifica metodica, permette di “saggiare” alcune funzioni dell'organismo. La Kinesiologia, e chi conosce la medicina tradizionale cinese lo sa, riunisce la correlazione cinese tra malattia e tensioni/lassità muscolari, i canali di energia dei meridiani e l'attivazione/inibizione dei fusi neuromuscolari della fisiologia occidentale. Il test muscolare è, secondo questa disciplina, il “codice” per interagire con il corpo, l’importante, come dice Goodheart, è porre la domanda giusta nel modo giusto. Ciò premesso possiamo definire la K.A. come una tecnica per ottenere informazioni e per valutare i problemi dell’individuo siano essi lesionali, funzionali o emotivi. I muscoli scheletrici vengono, quindi, usati quali indicatori dello stato di salute/malattia. Un aspetto molto importante è che l’individuazione di una disfunzione o di una lesione non dipende dai sintomi portati dal paziente per cui può accadere che queste vengano “svelate” prima della loro manifestazione. Il compito del Kinesiologo “diagnosta” è di decifrare i messaggi emessi dal corpo senza influenzarli coi preconcetti acquisiti durante gli studi accademici ma, piuttosto, integrarli a questi. La K.A. non vuole, infatti, sostituirsi alle altre - più “riconosciute” - modalità diagnostiche, cerca soltanto di vedere laddove tali indagini non riescono ad arrivare. Ad esempio può accadere che, taluni sintomi o disfunzioni portate da un individuo, non sono spiegabili per mezzo della medicina accademica per cui anziché etichettarlo come “strano” o “nevrotico” è forse più opportuno fare riferimento ad altri sistemi interpretativi come la medicina cinese. La K.A. prende in considerazione i 5 fattori del Forame Intervertebrale per cui ogni funzione dipende da:
1. La Circolazione Sanguigna (influenzata da blocchi meccanici o squilibri biochimici può essere trattata stimolando il neurovascolare)
2. La Circolazione Linfatica (la variazione di flusso linfatico nei tessuti può essere influenzata da stimolazione Kines. del neurolinfatico. Novità in ambito terapeutico)
3. Il Sistema Nervoso (influenzato da blocchi di segmenti vertebrali, da movimenti “scorretti” delle ossa craniche, dalla nutrizione etc)
4. Il Liquido Cerebrospinale (la sua circolazione è collegata alla funzionalità del Sistema Cranio-Sacrale)
5. Il Fluire dell’energia nel Sistema dei Meridiani (Medicina Cinese)
Come già accennato l’assoluta novità portata dalla K.A. sta nell’associazione MUSCOLO/ORGANO – VISCERE – FUNZIONE
Infatti, quando un organo o un viscere sono disfunzionali il muscolo ad essi associato diviene debole; con il migliorare della funzione il muscolo rinforza. Da ciò deriva che qualsiasi noxa patogena diretta verso un organo o apparato provocherà un indebolimento del muscolo ad esso associato. Si può, ovviamente, anche verificare un rafforzamento eccessivo della tonicità muscolare che è il sintomo di un “eccesso” di energia o di funzione dell’organo o apparato (ad es: conseguenze di un lieve ipertiroidismo a livello gonadico e/o metabolico). Ormai è provato, con anni di pratica clinica, che problemi organici provocano fastidi alle strutture ossee (con grandi e piccoli spostamenti) che a loro volta si ripercuotono sulle strutture muscolari, innescando un circolo vizioso costituito dal problema organico - anche di piccola entità - contrazione di determinati muscoli, alterazione dell'asse corporeo, modifica della postura con conseguenti problemi sia posturali che podalici, vestibolari, oculari ecc.
Tutto ciò non verrebbe mai compreso, senza una visione globale della persona e della problematica.
Sulla scia di tale concezione il dr G. Goodheart ha elaborato la sua tecnica “fisiologica”, basandosi sui muscoli debole/forte. In genere si massaggia dove c'è contrazione muscolare e quindi dolore; ma è esperienza comune vedere ripresentarsi il dolore, nonostante gli sforzi per comprenderne l’origine. Goodheart notò che massaggiando i muscoli collegati a quello dolente, individuati seguendo le catene muscolari, il dolore scompariva e difficilmente si ripresentava. Andando avanti per prove ed errori, ha trovato che vi sono anche dei collegamenti oltre che tra muscoli ed organi, tra muscoli e denti, tra muscoli e cibo, tra muscoli e psiche. Il meccanismo di collegamento tra muscoli ed organi può essere spiegato con le connessioni tra vene, arterie, terminazioni nervose, atteggiamento posturale riflesso, decorso energetico dei meridiani, vasi linfatici.
Come precedentemente scritto, una rotazione del bacino può causare algie pelviche, cedimento della volta plantare, problemi alle ginocchia e menischi e quindi, risalendo per compenso, alla parte superiore del capo e della testa. Tutti abbiamo avuto un trauma, grande o piccolo, che il nostro organismo riesce più o meno a compensare: cadute sugli sci, cadute dalla bicicletta, giocando a pallone, incidenti d'auto e traumatismi vari. All'interno di un certo intervallo, l'organismo ha capacità di recupero e di neutralizzazione della noxa patogena; tutto però rimane scritto nel nostro corpo, sia nella struttura che nella psiche e, prima o poi, con il diminuire della capacità compensativa, il corpo non sarà più in grado di fare fronte ai problemi che si manifestano, oltre tutto, in luoghi lontani dalla causa.
Una mandibola decentrata o dislocata può provocare torcicollo, dolori retrooculari; la deglutizione può influenzare il corretto allineamento osseo e muscolare per cui le conseguenti deviazioni e torsioni della colonna vertebrale, essendo di compenso, non si riequilibreranno, anzi, se toccate incautamente, scateneranno altrove la loro sequela patologica.
La visita kinesiologica richiede alcuni accorgimenti, da cui non si può prescindere, pena la nullità del risultato. Essendo una tecnica manuale è molto personale ed ogni operatore sa quando e come agire (bisogna esercitarsi a lungo e ripetutamente…); alcuni operatori si servono anche di un testimone - una terza persona - per avere la certezza della continuità della forza fisica. Questo è consigliato solo con bambini o soggetti scarsamente collaboranti. Durante il test l'abbigliamento del cliente dovrebbe essere in fibra naturale e non in tessuto sintetico e, qualora ciò non si verifichi, occorre “testare” i materiali indossati per valutarne l’incidenza sulle prove successive; il lettino deve essere in legno (la poltrona odontoiatrica non va bene!); l'ambiente deve essere calmo e tranquillo, eventualmente con musica in sottofondo; l'impianto elettrico dello studio deve essere fornito di messa a terra efficiente; dovrebbero essere assenti o limitati i campi magnetici, interni ed esterni. E’ quindi sempre opportuno far controllare tali fattori, data la finezza delle rilevazioni che si effettuano. L'esaminato e l'esaminatore non devono avere oggetti metallici e/o magnetici, a meno che, come per gli indumenti, non si voglia valutare l’influenza di questi oggetti sulle funzioni organiche del cliente. Tutto deve essere fatto con la massima naturalezza, spiegando all' esaminato che non è "stregoneria" ma un modo diverso di effettuare alcune indagini: il cliente deve sempre essere informato perché, oltre a collaborare in modo attivo è più tranquillo sia emotivamente che "muscolarmente". Il test kinesiologico è semplice ma non semplicistico; perciò i giochini con le dita ad "o-ring", il controllare alcune variabili al volo per vedere la "compatibilità" sono oltremodo sciocchi, dannosi, screditanti, superficiali. Tutto ciò riduce una tecnica scientifica, ripetibile come lo può essere un elettroencefalogramma, a gioco salottiero vuoto ed inutile. Come accennato è sempre utile far rilassare il cliente e farlo ambientare nella stanza del test; deve capire che non è una prova di forza tra lui e l'operatore, ma un metodo per valutare il sistema che regola quel muscolo e le funzioni ad esso connesse.
Ecco, di seguito, due schemi molto semplificati dei rapporti muscoli, denti, organi, evidenziati con la Kinesiologia.
Tali schemi sono variabili ed ogni scuola tende a seguire i propri.

SCHEMA DENTI/ORGANI
Incisivi: rene, vescicaCanini: cistifelleaPremolari: stomaco, milza e pancreas, fegatoMolari: polmoni, intestino crassoDente del giudizio: cuore, intestino tenue
 
SCHEMA DENTI/ MUSCOLI
Incisivi: flessore del collo, piriforme, gluteo medio, sottoscapolareCanini: deltoide, dentato, quadrato lombiPremolari: pettorali, diaframma, pettorale sternaleMolari: sartorio, quadricipite, addominale, dorsaleDente del giudizio: psoas, trapezio

Un dente può essere "neurologico" ossia può, senza apparenti ragioni, manifestare una patologia estesa anche al parodonto ed alla zona ossea alveolare limitrofa. Questo insieme si chiama "odontone". Se un dente sano ammala improvvisamente, se la gengiva sanguina, se il cliente riferisce dolori od altri problemi su un elemento dentario integro, si può controllare, seguendo lo schema denti/ossa/muscoli/organi quale organo o muscolo collegato potrebbe avere un deficit (funzionale, indebolimento muscolare). Il medico deve valutare, caso per caso, la terapia più adatta; se per esempio il problema è il bacino, con tutte le sequele di disturbi posturali ed organici, si devono considerare i muscoli collegati e quindi i denti (psoas, dente del giudizio) e pensare, fatti tutti i dovuti tentativi terapeutici, ad una eventuale avulsione con accurato curettage alveolare che elimini tutte le fibre parodontali. Tale accuratezza di pulizia dalle fibre è necessaria per eliminare l'effetto memoria dell'alveolo dentario. A chi non è mai capitato di vedere una radiografia, panoramica od endorale, in cui la nettezza dell'immagine fantasma fa pensare ad una avulsione recentissima, quando invece risulta essere stata effettuata anche da più di un anno? In questa situazione l'osso non è ben formato e compatto e si potranno avere fenomeni di focus con problemi locali - da arto fantasma - e in altri distretti, facilmente riconducibili ai collegamenti denti/ muscoli.
Con la kinesiologia, sempre ricordando i punti salienti di tempo – luogo – sequenza - accorgimenti di esecuzione, è possibile avere un aiuto sia per la diagnosi che per la terapia. Si potrebbe scoprire, ad esempio, che il problema sopra descritto è dovuto anche a carenza vitaminica o di minerali.


Per quel che concerne l'opportunità di assumere o meno integratori e vitamine, possibilmente di origine organica o naturali, ecco un piccolo schema su alcune correlazioni, già ampiamente sperimentate, tra muscoli e necessità di sali minerali e vitamine.
· Psoas- vitamina C
· Grande dorsale- acidi grassi
· Tensore della fascia lata- fermenti lattici
· Quadricipite - calcio, vit. D
· Deltoide- vit. A.


Il test kinesiologico può essere un valido aiuto nella determinazione anche delle intolleranze alimentari a volte causa di problemi odontoiatrici. Queste si differenziano dalla allergia per l’assenza di IgE e della stimolazione immunitaria. L'intolleranza alimentare può essere scatenata da deficit enzimatici (pancreatici, epatici); da sostanze ricche di ammine vasoattive (senza stimolazione del sistema immunitario e mast-zellen), da sostanze che attivano solo le mast-zellen senza stimolazione del sistema immunitario. Occorre, inoltre, prendere sempre in considerazione il funzionamento intestinale, l'eubiosi intestinale, eventuali deficit posturali, problemi orl, problemi oculari e quindi chiedere la collaborazione di colleghi che condividano la visione “globale” dell’individuo. Le intolleranze alimentari possono dare fastidi non direttamente e rapidamente collegabili alle sostanze ingerite, perché il loro effetto si manifesta dopo 48/72 ore e può aversi anche per cibi appartenenti alla stessa famiglia. Alcuni esempi:
· Solanacee: peperoni, melanzane, pomodori, patate, peperoncino, paprika, tabacco
· Agrumi: arance, cedro, pompelmi, bergamotto, limone.
· Latticini: latte, latticini, formaggi, agnello, salumi.
I disturbi accusati, in linea generale, sono: emicrania, depressione, asma, naso chiuso, prurito anale, dolori addominali, afte, gengiviti, alitosi, coliti, obesità, vertigini. Il test kinesiologico si esegue mettendo l'alimento sospetto sullo sterno del cliente - zona timica - o vicino la zona ombelicale e testando la variazione di forza del muscolo scelto quale “indicatore” dall'esaminatore. L'eventuale terapia viene scelta dal medico seguendo i principi della medicina biologica; se la patologia si ripresenta, il cliente ha certamente bisogno di una rieducazione alimentare, di un profondo riassetto intestinale - con le terapie del caso e le indagini opportune – senza tralasciare l’aspetto psicologico, lo studio occlusale dentario e la postura. La kinesiologia applicata richiede, a fronte di una semplicità esecutiva, una manualità che deriva da una costante e continua applicazione ed un luogo idoneo dove svolgere il test. Questo vuole solo essere un approccio al tutto, rivolto in particolar modo al medico dentista. Fermo restando che, per una conoscenza più approfondita, si rimanda a testi speciali in materia. Inoltre, l'odontoiatra interessato può seguire il corso triennale di Kinesiologia Odontoiatrica che, oltre ad affrontare l'aspetto diagnostico, concentra l'attenzione sugli interventi terapeutici. Appresso viene schematicamente spiegato come effettuare il test: il medico, in questa forma semplificata, può usare la kinesiologia applicata per chiedere od avere conferma di alcune ipotesi diagnostiche e progetti terapeutici. 

dal sito www.konogea.it

L’omeopatia, una terapia in grado di portare a guarigione il "malato" e non solo la malattia

L’omeopatia, una terapia in grado di portare a guarigione il "malato" e non solo la malattia

Scopo del presente articolo è far comprendere, a coloro che si avvicinano per la prima volta a questa scienza, cosa sia l’omeopatia e non un lavoro per contrastare o criticare la medicina tradizionale (cosiddetta Allopatica).
L’omeopatia non vuole, e non è mai stata, una scienza a parte ma un valido complemento, un ulteriore sforzo della Natura che attraverso il medico e la sua coscienza cerca di donare all’umanità affinché, ogni forma patologica trovi una valida risposta al raggiungimento della guarigione definitiva e non solo sintomatica.
Spesso, la medicina ufficiale rifiuta la terapia effettuata con farmaci omeopatici ritenendola non efficace perché priva di un fondamento scientifico, e sperimentale.
Tutto questo è falso, poiché il rimedio omeopatico viene sperimentato, prima di essere messo in commercio, sull’uomo sano e la sua riproducibilità è evidenziata e confermata da ben due secoli di studi e successi.
Tenevo a dire ciò prima di dare alcune spiegazioni su cosa sia l’omeopatia, perché vorrei far comprendere a coloro che rifiutano a priori tale Arte medica che l’omeopatia aiuta il malato a guarire e a percorrere la strada che lo porta dallo stato di malattia a quello di salute (assenza di sintomi).
E’ ovvio che anche l’omeopatia, come la medicina tradizionale, ha i suoi limiti ma, non per questo bisogna screditare la sua efficacia.
Lungi dal voler fare un discorso critico, ritengo utile informare il paziente che ad ogni male c’è un rimedio in natura, sta solo a noi uomini scoprire e utilizzare al meglio queste armi che la natura ci offre, quindi non soffochiamo con inutili ingiurie e invidie quella che è stata e sempre sarà l’Arte del guarire.

Ma veniamo a noi, cos’è l’omeopatia:
L ’omeopatia ha due secoli di vita ma ha già una lunga storia, una storia scandita da una serie di progressi che la "medicina dei simili" ha raggiunto nel diffondersi, con fervore missionario, in regioni ben lontane dalla sua terra d’origine: in India, negli Stati Uniti, in Francia, In Inghilterra, in Brasile, in Argentina, Messico, ecc.
Medicina nata 200 anni fa attraverso gli studi del suo fondatore Dott. S. Hahnemann, il quale traducendo testi di materia medica intuì il comportamento del chinino e formulò un’ipotesi che poi sperimentò su se stesso. La stessa sperimentazione fu fatta su altri volontari ottenendo sempre gli stessi risultati.
Quindi, poiché Hahnemann sperimentò il risultato delle sue osservazioni sull’uomo sano e non su delle cavie, si potrebbe dire che ci troviamo nel campo della sperimentazione scientifica vera e propria.
Hahnemann notò che il chinino usato come rimedio nei malati di malaria, provocava, nelle persone addette alla produzione della sostanza, gli stessi sintomi della malaria.
Nello stesso modo sperimentò altre sostanze ricavate sia dal mondo vegetale, ma non solo, ma anche dal regno animale (esempio Lachesis) e minerale (Sulphur).
Grazie a questi studi e alla sua geniale intuizione, poté, dopo svariati anni di studi, formulare il principio su cui poggia tutta la medicina omeopatica e cioè:
"il Principio di Similitudine", nel quale si afferma che "le malattie guariscono con i rimedi che provocano in un individuo sano i sintomi della malattia stessa", ciò sta a significare che la guarigione si ottiene somministrando al malato la sostanza che ha provocato nell’individuo sano gli stessi sintomi di malattia.
Spesso si sente dire che l’omeopatia è solo acqua perché non c’è, a livello ponderale, sostanza farmacologicamente attiva.
Questo è vero nel senso che non si somministrano dosi ponderali, come nella medicina tradizionale, ma ricordiamo che proprio le dosi ponderali portano effetti collaterali e controindicazioni mentre in omeopatia la sostanza non è presente in quantità fisiche ma lo è in termini di energia biologicamente attiva, cioè la materia di base viene diluita e dinamizzata fino ad ottenere delle dosi infinitesimali della sostanza medicamentosa privando la stessa di tutti gli effetti nocivi e indesiderabili.

Ma che cosa spinge ancora oggi l’interesse per questa "arte del guarire" che è nata in Germania con il Romanticismo?
Consideriamo i due versanti del quesito:
le ragioni del medico e le ragioni del paziente.
- Il primo, consapevole della crisi e delle contraddizioni che vive la moderna medicina "ufficiale" tenta nuove vie di certezza: di qui l’attuale riscoperta delle terapie orientali (agopuntura e tecniche taoiste di guarigione, shiatsu, yoga, ayurveda) che, lontane dalla concezione meccanicistica, propongono una visione organica (olistica) dell’essere umano. Pertanto il medico che abbraccia l’omeopatia vede il più delle volte in essa non tanto una nuova tecnica di guarigione quanto una nuova filosofia della vita che dà un rinnovato significato alla ricerca scientifica e alla funzione terapeutica. I dati statistici registrano che ogni anno sono 700 i medici che si iscrivono ai corsi post laurea di omeopatia (Corriere della Sera, 17 Gennaio 1992).
- Il paziente, parzialmente consapevole anch’egli delle contraddizioni della scienza, ma soprattutto desideroso di una vita più sana, meno soggiogata dallo stress, libera da quell’agitazione ansiosa che accompagna i gesti dell’uomo moderno, cerca nell’omeopatia un aiuto "Non Aggressivo", "Naturale", privo di effetti collaterali. Ciò è confermato da altri dati: in Italia ci sono circa 4 milioni di persone che fanno ricorso all’omeopatia e ogni anno questo numero sale del 15 % (Il Giorno, 15 Marzo 1992).
Differenza tra Omeopatia ed Allopatia
Per meglio far comprendere cos’è l’omeopatia mi sembra importante evidenziare la differenza tra omeopatia e allopatia nel loro meccanismo di azione verso la guarigione.
L’allopatia è un metodo terapeutico che per guarire utilizza sostanze che inducono effetti contrari alla natura della malattia, cioè sopprime i sintomi senza curare la malattia che scatena il sintomo stesso e non tiene conto dell’ammalato nella sua interezza, ma rende l’organismo un insieme di organi e apparati tutti distinti l’uno dall’altro.
L’omeopatia, invece, modifica il terreno dell’ammalato cioè, mette il paziente in condizione di guarire se stesso stimolando le sue difese naturali contro l’agente patogeno. In altri termini il rimedio omeopatico agisce come un catalizzatore, sostanza la cui presenza a dosi infinitesimali è essenziale per lo svolgimento di molte reazioni chimiche.
Questo non vuol dire che dobbiamo rifiutare un antibiotico perché dannoso, ma far si che il farmaco allopatico e quello omeopatico siano l’uno il complemento dell’altro.

Comprendere con il caso pratico
Ma facciamo alcuni esempi per meglio comprendere come agisce il rimedio omeopatico.
- La puntura d’ape provoca edema roseo con sensazione di prurito e bruciore locale, migliorata da applicazioni fredde. "Apis" il rimedio omeopatico preparato dalla triturazioneÿ dinamizzazione e diluizione, (fino a raggiungere la dose "infinitesimale") dell’intera ape, agisce non solo in caso di punture di insetto, ma anche in ogni forma di infiammazione acuta della pelle delle mucose e delle sierose (orticaria, mal di gola, artrite) caratterizzata da apparizione rapida, edema roseo, pruriginoso e bruciante, migliorata dal freddo.
- Una dose eccessiva di pepe di Caienne può infiammare le mucose digestive e urinarie; "Capsicum", il rimedio omeopatico che si ottiene dai frutti essiccati, agisce contro i bruciori dello stomaco e del colon, contro certe faringiti e certe otiti.
- L’avvelenamento da tabacco può portare nausea, vomito, vertigini, tachicardia, collasso; gli stessi sintomi vengono curati da "Tabacum" non solo in caso di tabagismo, ma anche in caso di mal di mare, angina pectoris, aortite.
Da questi esempi si può ben capire il significato, su cui poggia tutta l’omeopatia, della "Legge dei Simili", espressa in precedenza.
In poche parole, i sintomi che il rimedio riesce a cancellare sono gli stessi che esso provoca sull’individuo sano, cioè nella sperimentazione.
La Legge di guarigione
Per finire, voglio ricordare un’altÿa legge su cui si basa l’omeopatia e che riguarda soprattutto il paziente, il quale pur di ottenere tutto e subito non si rende conto che la soppressione dei sintomi con i farmaci, altro non è che una falsa guarigione. Invece, secondo l’omeopatia la guarigione non consiste nella repressione dei sintomi e quindi nella falsa guarigione, ma nella loro evoluzione. Da tutto ciò scaturisce la "Legge della Guarigione" di Hering, secondo la quale:
la guarigione deve procedere dal centro alla periferia e dall’alto in basso.
Questo vuol dire dall’alto in basso, dal dentro al fuori, cioè dagli organi più importanti a quelli meno importanti, dalla testa alle mani e ai piedi.
Ogni medico omeopata sa bene che i sintomi che spariscono secondo quest’ordine sono stati debellati in modo definitivo.
Questo principio è conforme all’evoluzione stessa delle malattie croniche, che evolvono dalla periferia al centro, nel senso che compaiono dapprima in superficie e successivamente si spostano all’interno dell’organismo, interessando gli organi più nobili.
La guarigione deve dunque possedere una direzione centrifuga e l’omeopatia permetterà tutto ciò.
Vorrei finire dicendo che per poter sconfiggere la malattia bisogna curare il malato nella sua globalità e per far questo c’è bisogno di uno sforzo comune e non di continue disquisizioni su quale delle forme terapeutiche sia più valida, entrambe hanno i loro limiti, ma anche i loro benefici, sta solo a noi fare in modo di utilizzare al meglio l’una o l’altra terapia dove necessario, perché il benessere del malato è il nostro obiettivo di vita.

dal sito  www.konogea.it

giovedì 9 settembre 2010

In soccorso dei muscoli

Scritto da Fulvio Massini   



In genere noi runners non siamo molto propensi a farci massaggiare. Tutto ciò che non è correre sembra essere una perdita di tempo, salvo poi cambiare idea quando arriva un infortunio. Allora, infatti, pur di riprendere in fretta siamo disposti a sottoporci a qualsiasi pratica. Il dottor Migliorini ha spiegato alla perfezione cos’è il massaggio e a corsa serve. Da “uomo di campo” ti spiego per chi è utile e quando è bene sottoporvisi. La premessa fondamentale, intanto, è che un buon massaggio non dev’essere considerato un rimedio solo per quando si ha qualche disturbo muscolare o strutturale, ma è un intervento preventivo tendente a preservare da problemi futuri. L’importante è che sia eseguito da chi ha i titoli per farlo. Dunque fatti mettere le mani addosso solo da chi sa come e dove metterle. E diffida dei praticoni.
MASSAGGIO PER CHI
Il principiante Chi è agli inizi è inutile che si faccia massaggiare, deve piuttosto imparare a eseguire dello stretching sia prima che dopo l’allenamento.
L’amatore Chi corre 3-4 volte alla settimana per un’ora/un’ora e mezza e non ha grandi velleità agonistiche può astenersi dal farsi massaggiare. È bene, però, che a eseguire dello stretching in modo regolare e sistematico. I runners di questa categoria e quelli della precedente potranno ricorrere al massaggio nel caso di stanchezza muscolare o appena avvertono i prodromi di un problema particolare. È bene, però, che sia un medico a dare loro indicazioni precise sul tipo di massaggio da far eseguire.
L’hard runner Il corridore che si sottopone ad allenamenti intensi e spesso anche lunghi dovrebbe farsi fare sistematicamente un massaggio di scarico in modo da tenere sempre le gambe - ma anche il collo, le spalle, la schiena e i piedi - liberi da contratture.
Il maratoneta Chi vuole preparare una maratona, che sia un hard runner o un amatore meno evoluto, dovrebbe sottoporsi a un massaggio ogni15 giorni in modo da evitare la formazione di contratture che, facendo diminuire l’elasticità dell’apparato muscolare, tendineo e articolare, impediscono buone prestazioni in allenamento o in gara e aumentano sensibilmente il rischio d’infortuni. Se il runner in questione si allena poi con un carico di chilometri superiore ai 100 chilometri alla settimana, allora sarebbe bene che si facesse massaggiare una volta alla settimana.
L’ultramaratoneta Ogni tanto mi capita di seguire chi vuole partecipare a qualche ultramaratona o gara estrema. Questi podisti - come ad esempio Giulio e Sergio che proprio in questo momento stanno preparando un’ultra a Capoverde - devono fare allenamenti molto impegnativi e stressanti. Proprio per questo ho inserito una volta alla settimana nel loro programma di allenamento un massaggio. Nonostante la grande mole di chilometri percorsi anche sulla spiaggia e sempre sullo sterrato, non hanno accusato problemi di alcun tipo
MASSAGGIO DOVE Col il passare degli anni l’elasticità dell’apparato locomotore tende a diminuire, quindi, per intenderci, un cinquantenne ha più bisogno del massaggio di un trentenne. Per un runner non proprio “verde”, dunque, un massaggio alla settimana può dare un ottimo contributo alla prevenzione degli infortuni.
I punti critici, quelli ai quali il runner dovrebbe riservare l’attenzione del massaggio, sono ovviamente tutti i muscoli dell’arto inferiore, con particolare riferimento ai polpacci e ai muscoli posteriori delle cosce, senza dimenticare, però, i muscoli dell’arco plantare, troppo spesso soggetti a infiammazioni di vario genere. Altri gruppi muscolari da trattare dovrebbero essere quelli del cingolo scapolo omerale (l’articolazione della spalla) con particolare riferimento al trapezio e al deltoide, che sostengono l’azione delle braccia durante la corsa
MASSAGGIO QUANDO
In attesa della gara Un massaggio preventivo, che serva a preparare i muscoli in vista di un impegno agonistico, andrebbe eseguito almeno tre giorni prima dello stesso, per non togliere troppa tensione ai muscoli. Se però ci fosse una situazione particolare, tale da presupporre un intervento risolutore, allora si potrebbe ricorrere al massaggio anche alla vigilia della gara.
Prima della partenza Il massaggio può essere interpretato come una forma di riscaldamento passivo da fare con o senza pomate o unguenti di vario tipo. Può essere utile se ci sono problemi particolari, ma se le gambe sono a posto consiglio di fare un buon riscaldamento che comprenda anche allunghi e stretching ed attrezzarsi in modo da riuscire a stare coperti fino a poco prima della partenza, per mantenere elevata la temperatura.
Dopo l’arrivo Un buon massaggio fatto da mani esperte può essere molto utile per togliere i dolori del dopo corsa, specialmente se la gara si è disputata su percorso con saliscendi o tratti di strada dal fondo irregolare.
MASSAGGIO & DINTORNI
Alle tecniche tradizionali, di cui ha trattato ampiamente il dott. Migliorini, si sommano altre metodiche che ampliano il campo d’intervento a sollievo dei muscoli del runner.
La riflessologia plantare Qualche hanno fa, più per curiosità più che per imparare in maniera approfondita la tecnica, ho partecipato a un corso di riflessologia plantare, traendone definitivamente la convinzione delle molte associazioni fra il piede e le altre parti del corpo. Consiglio a tutti questa forma di massaggio, molto più utile, però, per gli aspetti della salute generale che non per risolvere le patologie classiche del podista.
L’automassaggio Fatevi insegnare dal vostro massaggiatore di fiducia alcune semplici tecniche per massaggiarvi da soli. Potranno rivelarsi utili per alleviare - o magari anche risolvere - alcuni indurimenti muscolari che potranno infastidirvi per via di allenamenti un po’ più duri del solito.
Il massaggio cinese Il nostro modo occidentale di vedere la vita ci ha abituato a pensare al massaggio come a un metodo di cura o di prevenzione degli infortuni a muscoli, tendini e articolazioni. Nella cultura cinese invece ha una funzione molto più olistica, al punto da essere usato anche per il reclutare energia da poter utilizzare per il miglioramento della prestazione. Come esempio porto il 3:26’ ottenuto alla recentissima maratona di New York da Angelo Venticinque, runner quarantunenne che ho seguito dal punto di vista tecnico. Curato per una pubalgia col massaggio cinese (tecnica Tuina, eseguita con particolari attrezzi e particolari forme di digitopressione mai profonda e sfioramenti) dal professor Verza, ha continuato a farsi trattare fino alla vigilia della maratona, traendo grandi benefici da questa metodica. Una diversa applicazione del Tuina, eseguita coi gomiti, meno rivolta alla ricerca d’energia e più mirata al trattamento diretto dei muscoli, se modulata con cautela da parte di massaggiatori esperti dà ottimi risultati in caso di grande affaticamento o di arti particolarmente contratti. Diversi maratoneti milanesi se ne sono giovati, anch’essi in previsione di New York, un po’ a denti stretti ma con buona soddisfazione finale.
Fulvio Massini training Consultant coordinatore tecnico RW Italia 

giovedì 17 giugno 2010

LE RADICI CREANO I FRUTTI: APPROFONDIMENTO SULLA POSTURA

Pensate ad un albero, al più bello che abbiate mai visto, con i frutti più colorati e più gustosi che abbiate mai assaporato. Bene…. Ora ditemi: - Chi o che cosa rende quei frutti cosi magnifici? I suoi rami? I suoi frutti? O forse le sue radici?! Allo stesso modo pensate al vostro corpo o alla vostra vita in generale. C’è qualche parte di voi o di essa che non vi piace, che vorreste cambiare o addirittura buttar via? Cosa crea questa bruttezza nel vostro corpo o nella vostra vita? A questa domanda la maggior parte risponderebbe: - Gli altri, i problemi, le circostanze esterne etc.. Avete mai pensato di essere voi nel vostro intimo il problema e il creatore di tutto ciò? Non avete mai pensato di scavare sotto terra e rafforzare le vostre radici per ottenere dei frutti (risultati) migliori? Una cosa molto importante da capire è che non viviamo su un unico piano dell’esistenza, cioè quello fisico (visibile, sperimentabile), ma viviamo allo stesso tempo in altri tre mondi : mentale, emozionale e spirituale (tutto ciò che non riusciamo a vedere). Per di più questi tre regni invisibili sono di gran lunga più potenti di qualsiasi cosa riusciamo a vedere. Inoltre ciò che la maggior parte delle persone fatica a comprendere è che il regno fisico è solo ed esclusivamente il risultato preciso (frutto) degli altri tre (radici). Detto questo si può facilmente capire che tutta la nostra vita è un risultato, la salute è un risultato, la malattia è un risultato, il vostro aspetto fisico è un risultato e quindi, guarda caso, anche la vostra postura è un risultato! Non si può pensare di avere una colonna vertebrale dritta in asse se durante la giornata assumiamo di continuo posizione scomode per ore, o se in casa si respirano tensioni, o ancora se ci facciamo carico dei problemi di tutti, o ci nutriamo con i primi cibi in scatola perché sono gustosi. Ricordate quanto detto nell’articolo precedente sulla postura, ovvero che è il risultato del nostro vissuto? Ebbene, tutto il nostro stile di vita quotidiano, il nostro modo di pensare e di affrontare le situazioni che ci si presentano davanti continuamente, crea i frutti di domani, nella stessa misura in cui il passato ha creato quelli che siamo ora. Perciò se ci si vuole assicurare un futuro migliore è necessario un impegno quotidiano ADESSO e non domani… Allo stesso modo se si vuole ottenere una postura migliore bisogna lavorare a 360 gradi, non prendendo in considerazione solo il corpo, ma scavando alle radici per assicurare un ottimo raccolto domani.

La postura … questa sconosciuta

Nella società odierna sempre più spesso si sente parlare di postura in relazione alla grande importanza assunta dall´analisi ergonomica delle diverse professioni e delle svariate posizioni assunte dal corpo nella quotidianità. E questo perché spesso le persone, soprattutto le più giovani, incorrono in patologie rachidee a causa di atteggiamenti posturali errati.
Ma cosa è in realtà la postura?

E´ il modo in cui una persona sta in piedi, si muove, si relaziona con il mondo esterno, vive. Dipende dai meccanismi di controllo motorio del sistema nervoso centrale e periferico, e dalle condizioni dell´apparato muscolare, scheletrico, articolare e tendineo.
E´ alla base delle abilità atletiche e del gesto sportivo, perché solo una corretta postura può permettere la rapida attivazione motoria senza che vi siano traumi.
La postura corretta è quella che consente la maggiore economia energetica e l´assenza di dolore; ma siccome dipende dai meccanismi nominati sopra, l´alterazione di uno di questi andrà a modificarla e, di conseguenza, si instaurerà uno schema patologico che avrà ripercussioni negative sulla vita di tutti i giorni.

Uno degli elementi,che con l´andare del tempo peggiorano la postura, è la retrazione muscolare; infatti con l´età, con la fatica, con il sommarsi sul tessuto muscolare di microtraumi o lesioni acute, con l´ipocinesia indotta da stili di vita che sempre meno concedono spazi al relax, al benessere, alla pratica di attività motorie, e per l´insorgenza di tensioni psichiche e stress, accade che i nostri muscoli si contraggono sempre di più diventando maggiormente corti, meno elastici e meno pronti all´azione.

Negli anziani questo fenomeno è evidentissimo, ma anche la maggior parte della popolazione adulta presenta il problema della retrazione muscolare.
Allora come fare per combatterlo?
Per riportare il soggetto ad una postura corretta bisognerebbe proporre degli esercizi di allungamento muscolare, che non si limitino ad agire sul singolo distretto, bensì che agiscano in maniera globale lavorando sulle catene muscolari. Questa tecnica di stretching è utile a tutti: ai soggetti sedentari, a quelle persone impegnate in attività che impongono una cattiva ergonomia, ai ragazzi che trascorrono molte ore sui banchi e sui libri, trasportando anche zaini pesanti, a coloro che soffrono di problemi circolatori, agli atleti professionisti come anche agli sportivi di ogni disciplina. Tra questi ultimi rientrano a pieno titolo gli appassionati degli sport di palestra e del cosiddetto home fitness, i quali, prima di ricercare tonicità, ipertrofia, dimagrimento e via dicendo, sarebbe auspicabile si sottoponessero ad un´attenta analisi posturale per capire quali sono i muscoli retratti e le articolazioni bloccate e soltanto dopo affrontare un lavoro in palestra il cui fine è unicamente quello di stare bene.
Infatti è bene sapere che le grandi masse muscolari, seppure discutibilmente belle dal punto di vista estetico, in realtà non sono per niente funzionali, perché scatenano delle forze compressive sui vari piani dello spazio generando una forza vettoriale dall´alto verso il basso, con conseguente alterazione delle curve fisiologiche della colonna e sovraccarico articolare.

A lato riportiamo una figura per dare l´idea di quale debba essere la postura ideale, cioè quella più armonica, equilibrata ed economica.


di Pietro Sini. Laureato in Scienze Motorie- Massofisioterapista- Tecnico Posturale Pancafit® Metodo Raggi®

La pubalgia nello sportivo


La pubalgia è l´espressione dei sintomi localizzati a livello del pube con irradiazione agli adduttori, agli addominali e alle arcate crurali, le quali talvolta sono costanti e talvolta no, a seconda della gravità.
Il termine "pubalgia"può essere confuso e risultare un contenitore di situazioni interpretabili in diverso modo; la diagnosi infatti deve scaturire da una corretta anamnesi, ma resta in ogni caso solo una constatazione, perché non spiega le cause.
Occorre inoltre stabilire se si tratta di:
  • 1. Pubalgia traumatica
  • 2. Pubalgia cronica

La pubalgia di tipo traumatico si riscontra di frequente negli sportivi e, tra questi,la categoria più colpita pare essere quella dei calciatori, seguita da quella dei rugbisti, dei tennisti e dei giocatori di golf e di hockey.
Questo tipo di pubalgia compare in seguito ad un trauma della sinfisi pubica che generalmente avviene in due modi:
  • In seguito ad una caduta sui piedi avvenuta in modo asimmetrico, così che una branca pubica si innalzi più dell´altra.
  • In seguito ad un movimento contrastato da opposizione sull´arto inferiore.
Questi movimenti possono deteriorare i legamenti o le inserzioni muscolari che interessano il pube.
Per quanto riguarda il trattamento della suddetta affezione si può adottare un protocollo osteopatico (per riequilibrare il bacino), la terapia manuale (massaggi), la fisioterapia (elettroterapia, ultrasuoni etc.), l´omeopatia, i cataplasmi (impacchi di argilla, etc.), le fasciature, l´agopuntura.

La pubalgia cronica, al contrario della precedente, ci presenta un pube che è la vittima di uno schema funzionale alterato; ma il pube non è la causa, perciò ogni trattamento condotto a questo livello sarà un fallimento.
Ma allora dove sono da ricercare le reali cause?
Il concetto classico di pubalgia cronica individua tra le cause una debolezza della zona pubica e, in particolare, degli addominali.
Ma è davvero cosi?
Se si osserva attentamente l´anatomia e la fisiologia dei muscoli del distretto pelvico, si nota che i grandi retti dell´addome, gli obliqui, il piramidale dell´addome e gli adduttori finiscono tutti sul pube e si intrecciano con le loro inserzioni, rinforzando questo anello; lo stesso discorso vale per gli addominali. Possono essere deboli gli addominali di un calciatore professionista o di un tennista? Non può essere invece che sono troppo forti?
È pur vero, tuttavia, che il chirurgo trova delle inserzioni muscolari deboli. Allora ciò non sarà forse per l´eccesso di lavoro e non per insufficienza o debolezza?
Le catene muscolari rette e incrociate del tronco e degli arti inferiori convergono sull´anello pubico, quindi, un´eccessiva tensione in una o più catene può affaticare il tendine terminale e usurare l´anello per la troppa mobilità.
Infatti, perché i ballerini che sollecitano al massimo il pube soffrono meno di pubalgia cronica? Perché lavorano molto in allungamento e le loro catene muscolari non presentano retrazioni.
Al contrario, i giocatori di calcio, di tennis o di rugby lavorano tanto in semiflessione, facendo lavorare molto il quadricipite, ma soprattutto gli ischio-crurali; non a caso questi sportivi sviluppano una muscolatura posteriore dell´arto inferiore voluminosa, robusta e corta per assicurarsi la stabilità del ginocchio.
Il fatto che gli ischio-crurali e gli addominali possano essere la causa della pubalgia si può dimostrare osservando la meccanica nel gesto del tiro di un calciatore che abbia questi muscoli retratti.
Si instaurano dei compensi, quali:
  • Limitazione dell´angolo di spinta;
  • Flessione del ginocchio di tiro;
  • Flessione del ginocchio di appoggio;
  • Flessione del tronco per partecipazione degli addominali;
  • Controrotazione del tronco per partecipazione degli obliqui.
Quest´ultimo movimento di chiusura forzata induce un pinzettamento del polo superiore del nucleo fibroso. Quindi il sovraffaticamento di queste inserzioni non potrebbe forse essere la spiegazione dei dolori inguinali e delle ernie che si riscontrano in soggetti che pure hanno degli addominali forti?
In sintesi l´eccesso di utilizzazione di questi elementi provoca:
  • suscettibilità dei muscoli (contratture, stiramenti, lacerazioni, etc.)
  • infiammazione sul tendine per l´eccessiva trazione
  • si arriva così all´ultimo stadio della pubalgia e il giocatore è obbligato a fermarsi.
Il trattamento della pubalgia cronica prevede innanzitutto la normalizzazione delle strutture articolari (con trattamenti osteopatici) e poi di quelle muscolari (agendo sul riequilibrio delle catene muscolari) al fine di ripristinare l´equilibrio funzionale del pube.
Per concludere, ricordo l´importanza fondamentale della prevenzione attraverso il doveroso accorgimento di effettuare un buon riscaldamento prima della seduta allenante e soprattutto un ottimo stretching prima e dopo l´allenamento per conferire elasticità ai muscoli, che possono così assorbire con facilità le sollecitazioni meccaniche prodotte dall´allenamento stesso.
Per saperne di più si può consultare anche il libro "Le catene muscolari" vol. 3 di L.Busquet. 

di Pietro Sini.
Laureato in Scienze Motorie- Massofisioterapista- Tecnico Posturale Pancafit® Metodo Raggi®




tag: allungamento muscolare, sport, retrazioni, donato giannuzzi, traumi, postura, ginnastica

lunedì 14 giugno 2010

Perchè bisogna sottoporre il muscolo ad una tensione prolungata

Il tessuto connettivo è la guaina che riveste il muscolo.
A causa delle tensioni corte e ripetute diventa sempre più spesso e compatto e ciò comporta la sua perdita di elasticità.
Questo accade perché chimicamente le molecole di collagene si installano in parallelo determinando l’inspessimento.
L’invecchiamento dell’uomo è dato dall’addensamento progressivo del suo connettivo. Tale addensamento arriva sino all’ossificazione determinando il fenomeno chiamato “artrosi”.
La tensione prolungata del connettivo contrasta questo meccanismo dannoso facendo ritornare il tessuto nella sua originaria forma allungata.
E’ per questo che le tensioni muscolari devono essere mantenute per un determinato periodo di tempo al fine di produrre i risultati sperati.




tag: allungamento muscolare, sport, retrazioni, donato giannuzzi, traumi, postura, ginnastica

Perché un dolore muscolare va trattato globalmente

Una tensione prolungata a carico di una zona del corpo rende la zona dolente.
L'organismo si difende contro quella tensione attivando una nuova tensione che neutralizza rapidamente quella iniziale (Legge delle compensazioni).
Quando tale seconda tensione diventa dolorosa si compensa essa stessa mediante una terza e così via.
Soltanto l'ultima tensione che non può compensarsi rimane dolorosa.
E molto spesso accade che quest'ultima tensione si manifesti lontano dalla tensione primaria.
E' questo il motivo per il quale trattare l'ultima tensione dolorosa non produce la risoluzione del problema che invece è causato dalla tensione originaria.
Per poter ritornare alla tensione originale e neutralizzarla è necessario perciò trattare globalmente le catene muscolari in modo da effettuare un percorso a ritroso.
Bisogna quindi sempre ricordarsi che:
- la causa del dolore non è MAI dove si avverte il dolore
- non esistono problemi isolati.

giovedì 20 maggio 2010

Perdere la voce per colpa della postura

Frederick Matthias Alexander (il famoso inventore del “metodo Alexander”) dopo anni di studi e sacrifici era finalmente diventato un attore conosciuto e apprezzato, ma, ad un certo punto della sua carriera, gli accadde che durante una serie di rappresentazioni la sua voce divenne prima rauca e poi scomparve del tutto.
Si rivolse a vari medici i quali non seppero mai dare una spiegazione plausibile e gli consigliarono prima degli spray e poi addirittura di “provare” ad operarsi.
Spaventato da questa soluzione drastica senza alcuna certezza, Alexander decise di pensarci bene prima di prendere una decisione.
Durante la pausa forzata dai teatri notò che la voce gli ritornò mentre come iniziò a ritornare sul palco la voce misteriosamente tendeva a calare.
Decise quindi di osservarsi tramite degli specchi che posizionò intorno a lui perché intuì che questo suo problema poteva essere legato alla postura particolare che assumeva quando recitava e che era diversa da quella che aveva quando parlava normalmente.
Infatti notò che mente inspirava la tensione della recitazione lo portava a sollevare contemporaneamente il torace nello stesso momento in cui spingeva la testa all’indietro e all’ingiù e in questo modo schiacciava la laringe e sollevando il torace interferiva nell’equilibrio della testa; inoltre accorciava la spina dorsale e restringeva la schiena disturbando così anche la respirazione, per non parlare dell’irrigidimento dei glutei e delle gambe e della pressione sui piedi.
Studiò quindi il modo di evitare questi meccanismi mentali che lo portavano ad assumere questo atteggiamento posturale e con il tempo risolse da solo il suo problema senza alcun farmaco in quanto il problema nasceva da cause “meccaniche” causate dalla tensione che faceva perdere il controllo del corpo.
Da quanto detto si comprendono due cose importanti:
1) la psiche influenza la postura
2) la postura non corretta determina tensioni che a loro volta causano altri effetti negativi
Ed è questo il motivo per cui l’approccio sulla problematica deve essere sempre “globale” in quanto non ha senso risolvere il problema causato da uno squilibrio senza aver individuato e risolto prima lo squilibrio stesso.



tag: allungamento muscolare, sport, retrazioni, donato giannuzzi, traumi, postura, ginnastica

giovedì 6 maggio 2010

Il piede piatto

Il piede piatto è un’alterazione anatomica su base familiare, ma che che può essere aggravata da altre alterazioni anatomiche e posturali o da abitudini non corrette come ad esempio:
- eccesso di peso
- patologie a carico del ginocchio
- iperlordosi che modifica la postura a danno del piede il cui arco plantare “crolla” schiacciato dal peso del corpo
- camminare scalzi su superfici lisce tipo il pavimento di casa (è invece corretto camminare su superfici irregolari che stimolano il piede tipo la sabbia, erba, sassi, ecc.)
- indossare calzature non idonee che non hanno il sostegno mediale e calcaneale
Anche se un piede piatto “importante” difficilmente scompare con l’accrescimento, in giovane età è possibile migliorare la struttura del piede con degli esercizi volti a rinforzare i muscoli di sostegno del piede.
Nel caso di piede piatto “adattivo”, causato cioè da atteggiamento posturale non corretto tipo l’iperlordosi, oltre agli esercizi specifici per il piede bisognerà trattare la problematica posturale al fine di risolvere la vera causa del piattismo. In questi casi il piede è “vittima” dell’atteggiamento posturale sbagliato (paramorfismo)

domenica 2 maggio 2010

IPERLORDOSI e IPERCIFOSI: conseguenze posturali

L’iperlordosi lombare comporta:
- lo “spanciamento” e quindi la lassità del retto addominale
- una tensione eccessiva del muscolo Ileo Psoas (che unisce le vertebre lombari con il piccolo trocantere della coscia)
- probabile compenso sul tratto dorsale con conseguente aumento della cifosi
- probabile compenso sul tratto cervicale con conseguente aumento della lordosi cervicale
- ginocchio iperesteso
- piede tendenzialmente piatto
 images 2       images1       Senza nome-66
L’ipercifosi comporta:
- chiusura della gabbia toracica con conseguente difetto di respirazione a causa della retrazione che si viene a creare ai danni del muscolo Diaframma
- ginocchi ipoesteso con conseguente carico eccessivo ai danno dei legamenti del ginocchio
- deficit muscolare dei muscoli del polpaccio, bicipite femorale, gluteo e del tratto lombare
- appoggio del piede scorretto

images

Da quanto detto si evince che il trattamento di questi paramorfismi vanno trattati globalmente e non intervenendo sul singolo distretto muscolare in quanto è necessario annullare tutti gli eventuali compensi che si potrebbero venire a creare.

venerdì 2 aprile 2010

Quanto ci vogliamo veramente bene?

Quanto ci teniamo alla nostra salute?

Ci basta eliminare la sensazione di dolore fisico che avvertiamo oppure vogliamo capire da cosa nasce e soprattutto cosa il nostro corpo vuole comunicarci con quel sintomo?

Perchè le medicine non producono gli effetti sperati? Forse sono inefficaci o...ppure (probabilmente) lo sono ma, non essendo intervenute sulla causa scatenante che procura il disagio, il problema si è ripresentato?

Chi può darci delle risposte ai nostri malesseri?

NOI STESSI !!!

Come?

Con un esame di coscienza sulle nostre abitudini di vita, sul modo di alimentarci, di affrontare le problematiche della vita e con una scelta consapevole di voler migliorare la qualità della nostra vita.

Sarebbe utile a me e a tutti i partecipanti condividere esperienze su questo argomento e magari, per chi è riuscito, descrivere la soluzione trovata.

Può un intestino infiammato provocare una lombalgia?

Purtroppo SI'...

Perchè?

Perchè il muscolo Psoas, che collega il piccolo trocantere del femore con le prime quattro vertebre lombari e l'ultima toracica, passa attraverso l'intestino per cui l'infiammazione di quest'ultimo si trasferisce allo psoas e ciò provoca quel fa...stidioso bruciore e indolenzimento della bassa schiena, oltre ad un senso di debolezza della stessa.

La causa dell'infiammazione dell'intestino è in genere causata da una scorretta alimentazione, per cui, per curare la causa di questo "problemino", basta solo depurarsi mangiando in modo salutare ed evitando eccessi.

Provare per credere...

mercoledì 31 marzo 2010

Perchè è importante respirare correttamente?

Provate a mettere una mano sulla pancia e a fare una respirazione. Se durante l’inspirazione non sentite che la pancia si gonfia, probabilmente avete una respirazione alterata.
Non vi preoccupate, fate parte della numerosa schiera di persone che respirano prevalentemente con il torace (respirazione non fisiologica).
In condizioni normali l'inspirazione dovrebbe essere eseguita dal Diaframma (lamina muscolo-tendinea che separa la cavità toracica dalla cavità addominale), mentre l'espirazione dovrebbe avvenire passivamente, a meno che l’atto espiratorio sia forzato, in questo caso interverrebbe il muscolo traverso dell’addome.
La causa di una non corretta respirazione è legata allo stile di vita moderno che tutti noi abbiamo, fatto di stress, problemi familiari e lavorativi, ansie… Tutto ciò porta a respirare prevalentemente con la porzione superiore delle coste e a mantenere per tutta la giornata un blocco inspiratorio (in parole povere non buttiamo fuori l’aria quasi mai).
In questo modo il diaframma rimane bloccato in basso (blocco inspiratorio) e i muscoli cosiddetti accessori devono sobbarcarsi un lavoro che in realtà dovrebbe assolvere il diaframma.
Tutto questo provoca una retrazione sia del diaframma, per scarso utilizzo, sia dei muscoli inspiratori accessori, ma in questo caso per esagerato e inadeguato utilizzo.
Questi ultimi sono lo sternocleidomastoideo, gli scaleni, il piccolo e grande pettorale, il gran dentato, il gran dorsale, l’elevatore della scapola e il trapezio; poiché la maggior parte di questi muscoli si inserisce sul collo, si potranno accusare cervicalgie e dolori diffusi a livello cervicale. Infatti questi  muscoli, che al lato pratico dovrebbero intervenire solo in caso di sforzi fisici, entrano in gioco praticamente sempre a causa di una scorretto stile di vita.
Prima di analizzare quali disfunzioni può portare un diaframma che non lavora bene, ripassiamo brevemente un po’ di anatomia, per capire al meglio le correlazioni che questo importante muscolo presenta a livello muscolare e viscerale.
Come abbiamo detto separa la cavità toracica da quella addominale, presenta 2 cupole, una a destra e una a sinistra.
La  cupola destra prende rapporto con il fegato, mentre a sinistra e’ in rapporto con stomaco e milza.
Il diaframma è costituito da una parte muscolare e da una parte tendinea; lo possiamo suddividere in base ai punti di inserzioni che sono a livello sternale, a livello costale e a livello lombare.
Precisamente nella zona lombare il pilastro destro si inserisce a livello L1- L2- L3- L4, mentre il pilastro sinistro si inserisce a livello L1- L2 e in taluni casi arriva fino a L3.
Ricordiamo che a livello lombare si inseriscono due importanti muscoli: il muscolo psoas e il quadrato dei lombi, quindi il diaframma ha una diretta connessione anche con questi due muscoli, che in caso di retrazione evidente creano una iperlordosi lombare.
Il diaframma presenta diversi legamenti che lo mettono in connessione anche con il cuore e il colon; presenta inoltre orifizi attraverso cui passano l’aorta, l’esofago e la vena cava inferiore.
Segue una lista dei principali problemi che può portare un diaframma retratto:

problemi respiratori (asma, falsi enfisemi)
problemi all’apparato digerente (cattiva digestione, ernia iatale, stitichezza, gastriti)
disfunzioni relative alla fonazione
problematiche ginecologiche (connessione diaframma/perineo)
difficoltà circolatorie (ha una fondamentale funzione di pompa per il ritorno venoso)
dolori lombari (inserzione del diaframma sulle vertebre lombari)
peggiorare la postura della persona

Come vediamo sbloccare il diaframma può veramente creare un benessere a 360 gradi, sia dal punto di vista muscolare, viscerale ed emotivo.
Quindi ritagliamoci dieci minuti della nostra giornata per migliorare il nostro benessere, iniziando con un esercizio che vi permetterà di eliminare stress e ansie, facendovi ritrovare energie e voglia di fare.
Sdraiatevi supini, gambe piegate, rilassatevi e cominciate a respirare…..
Poi mettete una mano sulla pancia e una sul petto; cercate di inspirare con il naso gonfiando solo la pancia, lasciando fermo il torace; poi espirate con la bocca aperta, sgonfiando la pancia.
L’utilizzo delle due mani serve per prendere coscienza del movimento e capire se state lavorando con la pancia o se state facendo intervenire le coste durante la respirazione.
L’aria deve uscire dalla bocca in maniera naturale, come se fosse un sospiro di sollievo.
Attenzione a non forzare la respirazione perché potreste andare incontro a iperventilazione ed avvertire giramenti di testa; in questo caso fermatevi e ricominciate piano piano.
Bastano quindi pochi minuti al giorno per migliorare il benessere del vostro corpo.

(tratto dal sito www.simonelosi.it del dott. Simone Losi)

Riequilibrio posturale nello sportivo agonista

Lo sportivo agonista si concentra nel miglioramento dei gesti atletici richiesti dalla disciplina che applica senza porre attenzione alle retrazioni che con il tempo si vengono a creare a scapito di qualche zona del corpo.
Ed ecco che nelle fasi di maggior affaticamento muscolare o stress possono sopraggiungere dolori di vario tipo fino ad arrivare a veri e propri traumi muscolari più o meno gravi.
La corretta riprogrammazione posturale gioca un ruolo fondamentale per la prevenzione di questi infortuni e inoltre assicura un aumento delle performance sportive proprio perchè riduce notevolmente le retrazioni che frenano la potenza muscolare.
L'agonista avvertirà fin da subito una sensazione di leggerezza muscolare e si accorgerà che, oltre ad aumentare la resistenza muscolare alla fatica, riuscirà a sopportare meglio i traumi tipici del suo sport.
Questi risutati saranno ancora più evidenti se alle sedute di riprogrammazione posturale si aggiungono le tecniche di digitoressione (shiatsu).

L'esercizio fisico fa bene alla postura?

L'esercizio fisico in mancanza di consapevolezza corporea può peggiorare i problemi di postura, perchè, rinforzando i muscoli intorno a una struttura compressa e quindi molto tesa, finirebbe per cronicizzare gli squilibri.
E' fondamentale quindi attuare un programma di riprogrammazione posturale globale mediante apposite tecniche di allungamento muscolare prima di iniziare un'attività fisica regolare.

Cos'è la postura?

Come postura si intende la posizione del corpo nello spazio in un dato momento e la relativa relazione tra i suoi segmenti corporei.
Perchè si dice "in un dato momento"?
Perchè il sistema posturale, direttamente legato alla singola ed individuale storia di ognuno di noi, con il passare del tempo va incontro a modificazioni al fine di compensare in qualche modo gli squilibri venutisi a creare (spalla più alta, rotazioni del bacino, atteggiamenti scoliotici, vizi di appoggio plantare, testa inclinata etc.) fino a quando ne avrà la possibilità.
In un secondo momento, invece, quando non gli sarà più possibile, compariranno i primi dolori.
Questo sistema, infastidito dai vari compensi, quindi, vedrà insorgere tutte le problematiche più comuni (cefalee, cervicalgie, nevralgie, difetti di masticazione e dell’occlusione dentale, dorsalgie, lombalgie, lombosciatalgie, dolori alle spalle, alle braccia, alle anche, alle ginocchia, alle caviglie) ma anche disturbi meno noti (difficoltà di guidare la notte o di concentrazione nella lettura, maldestrezza, click mandibolari etc.): tutte patologie che complicano e condizionano notevolmente la vita quotidiana e, di conseguenza, la nostra psiche.
Si crea quindi un circolo vizioso: la psiche influenza la postura e di conseuenza la postura, adattata ai compensi venutisi a creare, influenza la psiche determinando inoltre ripercussioni negative sul sistema nervoso, sulla circolazione, sulla digestione e sulle altre funzioni organiche.
Da quanto detto si evince quindi che il riequilibrio posturale non incide solo sul sistema muscolare, ma anche e soprattuto sulla totalità dell'individuo ed è per questo che l'approccio deve necessariamente essere olistico.