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domenica 29 maggio 2011

È possibile e in che modo fare stretching con bambini in età pediatrica e pre-puberale?

Nei primi anni di attività motoria la motivazione intrinseca a muoversi è data dalla gioia che deriva dal movimento e dal piacere di stare con gli altri: infatti si è visto che la disponibilità allo sforzo, capacità questa utile successivamente per acquisire abilità, resta elevata se i bambini raggiungono successi nei rapporti sociali e soddisfazione rispetto ai loro bisogni psico fisici. In particolare e in aggiunta a quanto sopra, esistono nella crescita delle fasi sensibili all'allenabilità, cioè periodi in cui la specificità dell'allenamento sortisce i migliori effetti nel rispetto dei bisogni di crescita e di salute. Questo vale, come vedremo, anche per l'allungamento (stretching) muscolare.

Lo stretching è una metodica atta a modificare la lunghezza muscolare e viene attuato mediante posizioni che permettono ad una determinata catena muscolare di allungarsi portando i seguenti benefici: Aumento dell'efficienza del gesto motorio, quindi miglioramento della performance dell'atleta. Diminuzione dei rischi d'infortunio, sia muscolari sia articolari. Aumento dell'irrorazione sanguigna e apporto di sostanze nutritive alle articolazioni e muscoli. Incremento della quantità e qualità del liquido sinoviale. Diminuzione del dolore muscolare post-allenamento. Accrescimento dell'equilibrio muscolare che permette il mantenimento di una postura corretta. Miglioramento del controllo centrale sia del movimento muscolare che del tono. Miglioramento della consapevolezza del proprio corpo e agevolazione del rilassamento generale. Grande importanza per una corretta riuscita degli esercizi di stretching riveste il modo di eseguire la respirazione. Per essere il più rilassati possibile bisogna cercare di respirare molto lentamente, utilizzando il diaframma più che i muscoli intercostali; le inspirazioni e le espirazioni devono essere ritmiche e profonde. Tale sistema aiuta a concentrarsi e a mantenere la posizione.

Trattenere il respiro, invece, non fa altro che irrigidire il corpo e inibire l'allungamento. Anche una corretta nutrizione può favorire la possibilità di ottenere scioltezza muscolare: se la dieta è troppo ricca di proteine animali e latticini e povera di frutta e verdura, si può osservare una certa difficoltà a raggiungere dei buoni risultati in fase di allungamento. Meglio quindi seguire una dieta varia e ricca di alimenti vegetali in modo da fornire al nostro corpo tutti gli elementi di cui necessita. Un corretto allungamento prima di ogni attività sportiva, ma sempre dopo aver scaldato la muscolatura (il tessuto connettivo quando è caldo è più elastico), ne facilita la riuscita rendendo i muscoli caldi e sciolti. Lo stretching è particolarmente efficace al termine della pratica sportiva: aiuta il rilassamento delle tensioni muscolari, migliora la circolazione sanguinea ossigenando i muscoli e tende a rendere più veloce l'assorbimento dell'acido lattico. Lo stretching fornisce anche un notevole aiuto sul piano psicologico perché porta a prendere coscienza delle possibilità di movimento del proprio corpo. In ultima analisi, lo stretching è estremamente importante per la salute ma occorre praticarlo, soprattutto all'inizio, senza l'ansia di ottenere subito risultati notevoli.

E' questo l'unico modo per guadagnare più scioltezza giorno dopo giorno. In conclusione, mi sento di dire che lo stretching va iniziato, nel rispetto dell'idea ludica della motricità, nei primi anni di vita sotto forma di gioco e cioè non stressando le strutture biologiche interessate ma divertendo il bambino; poi in parallelo alla maturazione del sistema osteo- artro-muscolare e nervoso e in coincidenza con la stabilizzazione della capacità di apprendimento (motorio) - età scolare - va gradualmente potenziato nel rispetto della biologia e della crescita individuale. Tuttavia va ricordato che, come è importante rispettare le fasi sensibili per l'allenabilità, è altrettanto importante, nel caso dello stretching, tenere presente che in età post-puberale le strutture interessate diventano sempre meno allenabili all'allungamento.
tratto da www.focussport.it 
tag: bambini, sport, stretching, età puberale

mercoledì 25 maggio 2011

Come sviluppare la velocità nel calcio ?

Molti allenatori credono che la velocità sia qualcosa con la quale si nasce piuttosto che un’abilità che si può allenare e sviluppare. L’aspetto genetico è naturalmente molto importante e determina sia la composizione che la struttura fisica dell’atleta oltre alla capacità di diventare più forte e maggiormente potente. Tuttavia forza e potenza sono soltanto due componenti della velocità e svolgono un ruolo fondamentale nel determinare quanto velocemente un atleta possa correre in linea retta. Il calcio però è uno sport multidirezionale e quindi l’abilità di correre in linee rette o la capacità di sollevare pesi elevati in palestra, non necessariamente si trasferisce in modo soddisfacente su un campo di calcio.
La velocità è un’abilità e, come tutte le abilità, può essere insegnata, sviluppata e migliorata attraverso un programma di allenamento che sia sistematico e progressivo.

In passato, molti Club professionistici si sono avvalsi di allenatori specializzati nello sprint (per lo più provenienti dall’atletica leggera) per migliorare la velocità dei calciatori. Così facendo non hanno tenuto in considerazione che la biomeccanica utilizzata nello sprint in linea retta differisce sostanzialmente da quella multidirezionale necessaria ai calciatori. Allenarsi a sprintare continuamente in linea retta migliora sì la potenza anaerobica, ma offre benefici minimi ad uno sport multidirezionale come il calcio.
Perché? Per una ragione molto semplice: nel corso d’una partita di calcio lo sprint in linea retta e al massimo delle proprie possibilità, rappresenta, in media, l’1% dei movimenti effettuati dal calciatore! A questo punto ci si potrebbe chiedere: non è allora importante saper correre velocemente i 50 metri nel calcio? Tale capacità è, ovviamente, molto importante, occorre tuttavia fare delle distinzioni.
Come visto, il calcio è uno sport esplosivo e multidirezionale all’interno del quale si registra un cambio di movimento ogni 4 secondi. Per tale ragione i benefici ricavati da esercizi mirati a sviluppare la velocità massimale sono di relativa utilità. Sarebbe maggiormente opportuno concentrarsi su esercizi che propongano rapidi ed esplosivi cambi di direzione. Per questa ragione, occorre focalizzare la propria attenzione su movimenti base e su tecniche personalizzate.

Sapevi che:
· Il 65% dei calciatori con più di 10 anni sono più lenti a girarsi verso un lato piuttosto che verso l’altro e fino a 0.65 di secondo?
· La maggior parte dei calciatori è in grado di migliorare la propria velocità e la propria rapidità semplicemente correggendo la biomeccanica del proprio stile di corsa?
· La velocità reattiva può essere migliorata fino del 30% con un corretto allenamento ed in sole 4 settimane?
· Se i ragazzi non acquisiscono le corrette tecniche dei movimenti base entro i 12 anni raramente saranno in grado di diventare calciatori professionisti?

Come alleni la velocità nel calcio?

Nella maggior parte dei Club, si tratti di settore giovanile, di professionisti o di dilettanti, la velocità è vista come parte della fitness ed in particolare come parte della velocità di forza e della resistenza alla velocità.

Tuttavia tale visione è controproducente allo sviluppo della velocità.

A livello scientifico è stato dimostrato come la forza sia determinata dallo sviluppo del sistema muscolare, mentre la resistenza dallo sviluppo del sistema cardiovascolare.

La velocità è determinata dal sistema nervoso e dalla coordinazione

Il periodo ottimale dell’allenamento – Chi, Quando, Perché e Come

L’età è un fattore estremamente importante nello sviluppo della velocità. Crescendo, affrontiamo lo sviluppo biologico ed una serie di fasi “sensitive” tra le quali, anche, il periodo migliore per allenarsi.

Lo sviluppo motorio deve cominciare molto presto e, in un certo senso, esso avviene naturalmente, tuttavia ci sono tre momenti chiave durante i quali l’allenamento della velocità e dei movimenti base dovrebbe avvenire:

Il periodo che va tra i 10 ed i 13 anni è ideale per l’allenamento dei movimenti base e per stabilire gli engrammi motori. Ciò è dovuto all’ alta eccitabilità e plasticità del sistema nervoso centrale il quale ci consente di insegnare il corretto schema dei movimenti.

Molti scienziati credono che la distribuzione delle fibre lente e veloci non avvenga in maniera completa sino all’inizio della fase puberale. Per tale ragione è importante continuare a lavorare sulla velocità durante il periodo puberale; in quegli anni infatti vi è un naturale incremento dei livelli di testosterone e di estrogeno. Parliamo di quell’età che, generalmente, nei ragazzi va dai 13 ai 17 anni mentre nelle ragazze dagli 11 ai 15 anni.

Ciò significa forse che la velocità non debba essere allenata in nessun altro gruppo d’età? Naturalmente no; la velocità, infatti, può essere migliorata ad ogni età purché vengano usate le corrette metodologie. Si voleva semplicemente sottolineare come durante quei periodi della crescita sia possibile ottenere i risultati più significativi.
Lo stimolo neurale: allenare il sistema neuromuscolare
Il processo di fondazione dovrebbe cominciare molto presto: prima si comincia e meglio è. L’allenamento dei movimenti base e dello sviluppo degli schemi motori dovrebbe iniziare verso gli 8 anni e continuare nel corso della vita agonistica dell’atleta. La velocità nel calcio è un’abilità e gli allenatori la dovrebbero insegnare come tale.
Ciò che si dovrebbe fare nella fase iniziale è creare degli engrammi motori o schemi di movimento permanenti. Gli schemi di movimento creati nella fase iniziale di un programma motorio sono perfezionati e resi permanenti dagli engrammi motori stessi. Nel modo in cui uno schema motorio positivo può essere reso permanente, alla stessa maniera si può rendere permanente uno schema motorio negativo o inefficiente, il quale, in futuro, andrà a sua volta ad influenzare la velocità e la biomeccanica del calciatore. Infatti per un calciatore è estremamente importante sapersi muovere nel modo più preciso ed efficiente oltre che più velocemente possibile.
Per aggiungere un nuovo movimento al proprio repertorio occorre che esso venga conservato nella memoria muscolare. Quando il corpo esegue un movimento, una serie di impulsi nervosi vengono spediti seguendo una sequenza specifica. Per immaginare lo schema degli impulsi nervosi, si pensi ad una mappa elettronica conservata nel nostro sistema neurale. Il problema è che non si può semplicemente eseguire un movimento e salvarlo. Occorre infatti ripetere la sequenza più volte fino a che un particolare engramma motorio si formi e penetri, permanentemente, nella memoria muscolare.
Nel calcio, a differenza di altri sport, non si può insegnare la velocità indipendentemente dalla tecnica. Quando infatti un engramma si è formato, attraverso l’apprendimento di un’abilità o di uno schema motorio, esso diviene, rapidamente, un engramma stabile. Un engramma stabile molto difficilmente si riesce a modificare. Per fare un esempio: un calciatore quando si gira tende ad avere un lato di preferenza.
Ricerche fatte analizzando un campione di oltre 200 giocatori, di età compresa tra i 9 ed i 21 anni, dimostrano che il 65% dei calciatori oltre i 10 anni è più lento a girarsi verso un lato piuttosto che verso l’altro per un tempo compreso tra 0.2 e 0.65 di secondo. Per un difensore, in termini pratici, ciò significa una distanza tra l’uno ed i due metri e quindi la differenza tra salvare o concedere un gol.
Tutto ciò è molto importante quando si definisce un programma di allenamento della velocità. La struttura dei programmi di allenamento deve rispecchiare il più fedelmente possibile ciò che accade durante la partita; è quindi fondamentale insegnare al calciatore a muoversi non solamente il più velocemente possibile ma anche nel modo più preciso possibile.
Allenamento della velocità specifica applicata al calcio: Qualità e Tecnica
Nel calcio dobbiamo considerare le diverse componenti che formano la velocità. Dobbiamo anche considerare che, soprattutto quando si lavora con atleti d’alto livello, è pressoché impossibile incrementare il volume degli allenamenti, dato l’elevato numero di partite da giocare e il già cospicuo numero di allenamenti. Per tale ragione, l’unica altra possibilità è aumentare il grado di efficacia dell’allenamento della velocità. Occorre quindi analizzare le necessità specifiche e sviluppare un programma di allenamento che ne tenga conto, così da migliorare le prestazioni ad ogni di livello di competenza: settore giovanile, dilettantismo e professionismo.
Le componenti da tenere in considerazione quando si allena la velocità nel calcio sono 4:
· Rapidità
· Velocità Reattiva
· Velocità Attiva
· Velocità Complessa
 
Rapidità
La rapidità è un movimento esplosivo che sposta il corpo di un metro in qualsiasi direzione. La rapidità viene anche definita come la prima marcia della velocità o come i tre primi passi della velocità.
 
Velocità reattiva
Nel calcio la velocità reattiva è la risposta ai diversi segnali sensoriali come,ad esempio, quelli visivi, acustici e/o tattili. La prestazione reattiva viene influenzata da una serie di fattori tra i quali l’attenzione e la pre-tensione muscolare. Un corretto allenamento può migliorare i tempi di reazione semplice del 10-15% e quelli di reazione scelta fino al 30%.

Velocità attiva
L’allenamento della velocità attiva deve tenere in considerazione le abilità e le capacità che sono responsabili dei movimenti eseguiti ad alte velocità. La metodologia per migliorare la velocità attiva è basata sull’ elevata qualità del movimento, il quale dovrà essere eseguito ad alta velocità e con carichi bassi.

Velocità Complessa
La velocità complessa è connessa allo sviluppo individuale della forza veloce, della resistenza alla velocità ed alla fatica; inoltre va collegata ad esercizi di accelerazione, a movimenti locomotori complessi ed alla competizione. Al più alto livello professionistico l’ allenamento mira a mantenere elevata la qualità esecutiva nonostante la presenza di fattori distruttivi quali, ad esempio, la pressione, la stanchezza, una visione ristretta ed altri ancora. L'obiettivo è quindi quello di eseguire movimenti complessi con la maggiore velocità possibile e nel modo più preciso e, tecnicamente, più corretto possibile.

L’errore più comune che viene commesso dagli allenatori dei settori giovanili, con i ragazzi d’età compresa tra i 6 ed i 17 anni, è quello di isolare le tecniche e di insegnarle come fossero disconnesse tra di loro. Al contrario, i giovani calciatori hanno bisogno di fare connessioni continue tra l’esecuzione tecnica, l’aspetto tattico, ed altre importanti capacità come, ad esempio, la visione, la co-ordinazione, l’anticipazione, la determinazione e, soprattutto, la velocità.


di Mike Antoniades


tag:velocità, calcio, postura, corsa, coordinazione, performance

lunedì 23 maggio 2011

ADDOMINALI E MAL DI SCHIENA

I muscoli addominali formano la parete che, anteriormente, racchiude la cavità splancnica. La loro funzione principale, oltre al contenimento delle pelvi, è quella di intervenire nell'espirazione, nella stabilizzazione della colonna vertebrale in stazione eretta e nell'espletamento di alcune funzioni fisiologiche (tra le quali, ad esempio, il parto). Da un punto di vista puramente estetico, invece, contribuiscono a modellare il "giro vita".
L'allenamento della muscolatura addominale riveste un ruolo particolarmente importante, non certo per un fatto puramente estetico, ma perché tale muscolatura permette un miglioramento generalizzato del funzionamento dell'organismo. Questo miglioramento viene apprezzato, soprattutto, quando si riprende l'allenamento dopo un lungo periodo d'inattività.
I principali esercizi eseguiti per la tonificazione ed il potenziamento della muscolatura addominale, prevedono che il bacino si avvicini al torace.
Tale azione può essere effettuata, ad esempio, dalla posizione di decubito supino (distesi con le spalle a terra) sollevando il tronco, oppure sollevando gli arti inferiori. Quando questi esercizi vengono effettuati mantenendo gli arti tesi, non è raro che si possa avvertire un certo fastidio, localizzato nella regione lombare della schiena. L'insorgenza di un tale risentimento è dovuta principalmente al fatto che in questo movimento interviene, oltre ai muscoli costituenti la parete addominale (retto dell'addome, obliqui interno ed esterno), anche un particolare muscolo poliarticolare che collega la colonna vertebrale al femore: l'ileopsoas. Anatomicamente, il muscolo ileopsoas si compone di due porzioni: il muscolo grande psoas ed il muscolo iliaco.
Il muscolo grande psoas origina, con una parte superficiale, dai corpi della dodicesima vertebra toracica e dalle prima, seconda, terza e quarta vertebra lombare nonché, con diramazioni più profonde, dai processi trasversi di tutte le vertebre lombari. I vari fasci muscolari, lateralmente ai corpi vertebrali, si riuniscono quindi in un robusto corpo muscolare che discende fino al femore inserendosi, assieme al muscolo iliaco, sul piccolo trocantere.
Il muscolo iliaco origina dalla superficie interna della fossa iliaca e, a sua volta, fondendosi con il muscolo psoas, si inserisce sul piccolo trocantere.

A causa dell'origine situata molto in alto, il muscolo ileopsoas è senza dubbio uno dei più importanti muscoli poliarticolari. Quando si contrae, esso risulta non soltanto il più potente flessore della coscia a livello dell'articolazione dell'anca, ma anche un potente muscolo iperlordotizzante per il tratto lombare della colonna vertebrale.
Inoltre, l' ileopsoas è il muscolo che viene maggiormente sollecitato nella deambulazione, nella corsa e nel salto, in quanto, partendo da una situazione di estensione, deve portare in avanti ed in alto l'arto portante.
Il muscolo ileopsoas è sollecitato anche quando il soggetto da supino (disteso schiena a terra), mantenendo gli arti inferiori in estensione, solleva il busto o gli arti stessi.
Consiglio pratico
Per evitare questa forma di fastidiosa lombalgia è estremamente utile escludere l'intervento dell'ileopsoas quando si vogliono tonificare o potenziare i muscoli addominali. Per far ciò è sufficiente iniziare l'esercizio, piegando gli arti inferiori come riportato in figura.

Questo atteggiamento a raccolta non interferisce sul lavoro degli addominali, in quanto quest'ultimi non hanno alcuna inserzione sugli arti inferiori. Viceversa, l'esclusione del muscolo Ileopsoas rende ancora più selettivo ed efficace il lavoro per la muscolatura della parete addominale.
tag:schiena, mal di schiena, psoas, addominali, prevenzione dolore schiena


RELAZIONE TRA LORDOSI E DIAFRAMMA

F. Mézières affermava nei suoi scritti che il muscolo diaframma interviene nella statica vertebrale e influenza la morfologia.
Le inserzioni del diaframma sono connesse con quelle dello psoas ma, mentre il primo determina una lordosi alta e corta,tendente verso l'alto, il secondo genera una lordosi più estesa tendente verso il basso.
Questi due muscoli, inoltre, agiscono in sinergia con l'insieme dei muscoli posteriori.
In un estratto di un articolo del 1973 Méziéres diceva che:
"...Noi non consideriamo il diaframma solo come motore della ventilazione polmonare, che non ci interessa affatto in questo caso, ma lo consideriamocome il fondo della cassa toracica e sappiamo che esso viene deformato nel momento in cui le pareti di questa cassa vengono deformate. 
In tal modo i movimenti di grande ampiezza, che tradizionalmente vengono fatti eseguire quando esso è alterato, lo modificano ancor più e con esso alterano la conformazione della cassa stessa..."
E' importante, pertanto, espirare durante lo sforzo in quanto il bloccaggio in inspirazione altro non è che una contrazione, un'attitudine di difesa, un compenso.
Il diaframma deve essere decontratto affinchè non blocchi la cassa toracica e la colonna in lordosi.
Quindi, invece che correggere il movimento respiratorio, è fondamentale liberarlo.



LA PROPRIOCETTIVITA'


Propriocettività è un termine introdotto da Sherrington per descrivere gli ingressi sensoriali che originano, nel corso di movimenti guidati centralmente, da particolari strutture: i propriocettori. La loro funzione principale è di fornire informazioni di retroazione sui movimenti propri dell'organismo, in altre parole di segnalare, istante per istante, quali siano i movimenti che l'organismo stesso sta compiendo.

I propriocettori sono terminazioni nervose che inviano informazioni al sistema nervoso; gli stimoli sono avvertiti da particolari recettori posti nei muscoli, nei tendini e nelle capsule articolari. Queste terminazioni generano impulsi nervosi che sono trasmessi al midollo spinale e da qui possono rimanere nel midollo spinale stesso, per la determinazione dei riflessi spinali, oppure raggiungere altre zone del midollo spinale o del cervello, per la determinazione di funzioni specifiche.


riflessi spinali        funzioni specifiche

I propriocettori hanno una funzione importante nel controllo della contrazione dei muscoli scheletrici e attraverso quest'ultima è esplicata la maggior parte delle funzioni fisiche del corpo. Tale controllo è realizzato per mezzo di due tipi di recettori distinti:

  • i fusi neuromuscolari , distribuiti nel corpo muscolare
  • gli organi tendinei del Golgi posti nei tendini

I fusi neuro-muscolari  
Sovrintendono il riflesso da stiramento: se un muscolo è improvvisamente allungato, la parte mediana del fuso neuro-muscolare è stirata e ciò provoca l'immediato invio di segnali al midollo spinale. Questi segnali eccitano le cellule nervose motrici che controllano le fibre muscolari scheletriche immediatamente circostanti il fuso. Pertanto, l'improvviso stiramento del muscolo determina una contrazione riflessa che si oppone automaticamente allo stiramento. Questa funzione serve a "smorzare" le variazioni di lunghezza del muscolo, cioè ad impedire che la lunghezza del muscolo cambi troppo rapidamente.
Gli organi del Golgi  
Sovrintendono il riflesso tendineo, o di stiramento inverso, che rileva l'entità della sua tensione ed invia tale informazione al midollo spinale e da esso al cervello. L'informazione a sua volta è utilizzata nei centri nervosi per aggiustare con precisione la tensione muscolare in rapporto alle necessità funzionali. Presiedono poi a tale controllo anche i corpuscoli del Ruffini e quelli del Pacini (recettori cinestesici), situati nelle capsule articolari, che informano sul grado d'angolazione delle articolazioni e la velocità con la quale tale grado si modifica.

L'equilibrio

L'equilibrio mantenuto nella postura eretta è un tipico ed importante esempio di come tutti i meccanismi propriocettivi sono coinvolti. L'equilibrio, infatti, si mantiene con lo spostamento ripetuto di masse (segmenti corporei) originate da continue azioni involontarie e coordinate di contrazione e rilassamento della muscolatura, in modo da correggere continuamente la posizione del baricentro, affinché la proiezione di quest'ultimo non esca dall' "ombra d'appoggio" sul piano.

Per imparare a conoscere come agiscono i meccanismi propriocettivi, è necessario "ascoltare" quello che è trasmesso, sensorialmente, dal piede, che è la regione del nostro corpo in grado di fornire il maggior numero d'informazioni propriocettive, derivanti dai recettori situati nella parte anteriore del tallone, sotto la testa dei metatarsi, sotto l'alluce e nei muscoli lombricali del piede.

Il piede è un complesso sistema in equilibrio; la sua struttura ad archi, conferisce al sistema stesso un continuo stato di "allarme" che può essere percepito prestando attenzione a quello che trasmette il piede in appoggio, quando si assume la posizione eretta, con un arto sollevato e piegato.

Si possono così sentire dei continui cambiamenti di pressione, in diversi punti della pianta del piede, accompagnati da oscillazioni dell'arto in appoggio e da tutto il resto del corpo. Queste oscillazioni sono determinate, inconsciamente, dalla contrazione e dal rilassamento muscolare, che mettono in movimento le masse corporee, affinché la proiezione del baricentro del corpo ricada sempre nell'ombra d'appoggio della pianta del piede medesimo.

E' importante ricordare che il controllo propriocettivo è fondamentale, non solo per le attività nelle quali è richiesto l'equilibrio, come ad esempio per il funambolista o per il ginnasta che mantiene la propria verticalità stando in appoggio sulle mani a testa in giù, ma pure per il tiratore scelto ad esempio, che ha come caratteristica fondamentale la capacità di stabilizzare la sua arma nello spazio. Quest'ultimo riesce a pensare solo alla posizione esatta del bersaglio e, benché molta parte della muscolatura del suo corpo continui a contrarsi, l'arma rimane praticamente immobile.

Propriocettività: rieducazione, prevenzione, allenamento

Dopo aver considerato quanto sopra, possiamo analizzare i motivi per i quali le esercitazioni propriocettive possono essere impiegate nei vari campi delle attività motorie ed in particolare: nella rieducazione, nella prevenzione e nell'allenamento.

Rieducazione post-traumatica
In particolare nel recupero delle lesioni del collo del piede e del ginocchio, il metodo di lavoro propriocettivo è indispensabile per ripristinare gli analoghi riflessi, al fine di riattivare tutti i canali informativi interrotti dall'infortunio.
Tutte le esercitazioni per la rieducazione hanno come "base" il piede e devono essere proposte evitando di indossare le scarpe, ciò affinché le sensazioni propriocettive non siano "distorte" dalla calzatura.Per intensificare ulteriormente l'effetto allenante è possibile eseguire gli esercizi ad occhi chiusi. Non va infatti dimenticato che l'equilibrio è controllato anche dagli esterocettori (vista ed apparato vestibolare), che ricevono le informazioni dal mondo esterno e che assieme alle informazioni propriocettive, danno il quadro esatto del rapporto esistente tra corpo ed ambiente.
Tale accorgimento è utilizzato per "disturbare" i sistemi d'informazione dell'equilibrio, costringendo così il soggetto ad essere più sensibile ai canali d'informazione rimasti operanti.
Prevenzione degli infortuni dell'arto inferiore
Gli esercizi propriocettivi devono essere svolti, soprattutto, da tutti quegli atleti che praticano un'attività sportiva nella quale il salto è una componente primaria (pallavolo, pallacanestro, calcio, pallamano ecc.). Nella ricaduta, infatti, quando il piede è appoggiato al suolo dopo una fase più o meno lunga di volo, deve sopportare e contrastare tutte quelle forze che il corpo ha acquistato prima e durante il volo stesso, quindi mantenendo una perfetta stabilità in tutta la fase d'ammortizzazione. In genere quando un atleta compie un salto, e non è contrastato in volo da nessuna forza esterna, può prevedere il punto di caduta avendo una notevole facilità nel controllare, seppur inconsciamente, l'appoggio del piede al suolo. Se, invece, durante il salto, l'atleta riceve un urto, può essere costretto a scomporsi in volo modificando la traiettoria del suo baricentro, cosa che rende incontrollata la ricaduta ed il conseguente appoggio sul terreno.
Per ridurre i rischi d'incidenti, è importante che ogni arto abbia un'attività posturale stabile anche durante le fasi d'ammortizzazione senza che si possano creare scompensi e quindi perdita di controllo motorio. Lo scopo delle esercitazioni preventive deve essere quello di rendere più rapido ed automatico il controllo della muscolatura in considerazione del fatto che durante il gioco si possono sviluppare azioni imprevedibili e talvolta violente.
Gli esercizi propriocettivi di prevenzione, basati sulla progressiva capacità di resistere agli squilibri, danno la possibilità di un appoggio del piede sempre corretto, stimolando la muscolatura in modo da evitare delle contrazioni isolate, sollecitando gruppi o combinazioni di gruppi muscolari. La ripetizione dell'esercizio fa acquistare sicurezza, rapidità e precisione al gesto. Ovviamente, tale forma d'allenamento è particolarmente importante per soggetti predisposti a traumi distorsivi (collo del piede e ginocchio) e come azione preventiva per quelle fasi di gioco in cui la stanchezza fisica compare in maniera rilevante.

Allenamento sportivo
Per le discipline nelle quali è indispensabile un gran senso dell'equilibrio o del controllo assoluto del gesto tecnico (sci, pattinaggio, karatè, judo, ecc.), la sensibilità propriocettiva è una caratteristica essenziale.

"L'equilibrio, in realtà, dipende più dalla capacità individuale di recuperarlo quando lo si è perso, piuttosto che dall'abilità a non perderlo".

Esso infatti, non è rappresentato da una situazione definita, ma deriva da un continuo adattamento tonico-posturale-coordinativo. L'allenamento deve essere basato su esercitazioni che inducono la muscolatura a reagire utilizzando il pieno funzionamento di tutte le aree d'informazione, affinché ci sia una corrispondente ed appropriata risposta motoria alla nuova situazione posturale.Nel caso contrario, quando questo controllo è carente, con una risposta tardiva e/o inesatta, si determina un errore nel gesto da eseguire, che in genere si traduce in una caduta.

A cura del Prof. Giancarlo Pellis
tag: propriocezione, postura, trauma, esercizi, equilibrio, calcio, equilibrio 

domenica 22 maggio 2011

Tunnel carpale

E' una patologia dolorosa che si manifesta a carico del polso. Consiste nella compressione del nervo mediano all’interno del tunnel carpale, un passaggio osteofibroso nel polso delimitato dalle ossa carpali e dal legamento carpale attraverso cui passano i tendini flessori della mano e il nervo mediano. Quando, per eccesso di tensione muscolare, si determina una compressione permanente al tunnel, il nervo che vi passa rimane intrappolato e compresso. Da qui la sofferenza. Le tensioni responsabili, pur manifestandosi nel tunnel, in realtà possono provenire da punti più lontani, quale il gomito e, molto più frequentemente, il collo.
Sintomi: la compressione del tunnel ad opera di muscoli e legamenti determina disagio (nella fase iniziale), dolore, parestesie, formicolio, fino a perdita di forza (nella fase avanzata della patologia). I fenomeni descritti colpiscono tutta la mano e in special modo il dito medio; inoltre diventa difficoltoso produrre l’azione di opposizione del pollice.
Per risolvere tale patologia spesso si ricorre alla chirurgia, oggi ambulatoriale, per liberare dalla compressione il nervo, eliminando la fibrosità che vi era presente. Bisogna però segnalare che questo sistema di eliminare l’effetto, senza essere risaliti alla causa che lo aveva determinato ed aver quindi agito su di essa, fa sì che si verifichi con una certa incidenza il ripresentarsi del tunnel carpale dopo un po’ di tempo.
Se questa patologia viene presa in considerazione in tempo utile con un lavoro di postura, quindi risalendo alle cause, il problema viene definitivamente eliminato.
In ogni caso, qualora sia già stato fatto l’intervento chirurgico, è sempre consigliato sottoporsi successivamente a sedute di riequilibrio posturale, per evitare di ricadere nella stessa patologia.
Possibili cause: le cause possono essere di origine traumatica o dovute alla perdita di elasticità del tessuto muscolare. Le incidenze principali sono a carico di coloro che svolgono lavori di forza o di costante movimento della mano e delle dita: principali vittime sono gli utilizzatori di martelli pneumatici, cacciaviti, trapani. Tuttavia, di recente tale patologia si va estendendo anche a chi usa molto il mouse del computer ed alle casalinghe, per la mole di lavoro che devono svolgere con ritmi sempre più frenetici.
Dunque le cause risultano molto legate allo stress, alle tensioni muscolari, al fatto di non svolgere mai esercizi di riequilibrio delle tensioni muscolari, di riequilibrio della postura, etc.
In tutto questo quadro, i muscoli del collo rivestono un ruolo estremamente importante e di grande responsabilità. Il collo è infatti una zona di grande accumulo di tensione da stress, e la catena muscolare traversa, che collega un braccio al collo e poi all’altro braccio, si interseca con la catena muscolare posteriore ed anteriore, determinando conflitti e tensioni che arrivano poi fino alla mano. Dette tensioni ed accorciamenti dei muscoli innescano il fenomeno della compressione del tunnel: ecco come si forma tale patologia.
tratto da sito www.pancafit.net
tag: tunnel carpale, infiammazione, collo, compressione, postura, pancafit

domenica 15 maggio 2011

Sindromi cefalalgiche e postura

Fra le cause delle sindromi algiche della regione cervicale e della testa rivestono importanza le anomalie posturali, sia per la loro frequenza sia per le difficoltà diagnostiche.
Le anomalie posturali attraverso la ricerca di un adattamento teso a mantenere un equilibrio omeostatico, anche di tipo strutturale, realizzano un quadro disfunzionale capace di dare origine ad un corteo sintomatologico vario e complesso.
Le sindromi posturali nascono da una serie di adattamenti che modificando lo schema fisiologico omeostatico di equilibrio, comfort ed economia, lo trasformano in uno adattato con atteggiamenti posturali meno confortevoli e meno economici.
I recettori posturali risultano essere: sistema uditivo-vestibolare, visivo-oculomotorio, stomatognatico, piede ed il sistema recettoriale propriocettivo. L'alterazione di uno o più di tali recettori possono essere punto di partenza per le sindromi posturali.
I recettori più frequentemente interessati sono il piede, il sistema oculomotorio e quello stomatognatico. Il piede per le abitudini di vita, che con l'uso delle calzature, ne impediscono il ruolo di "tampone posturale" nel suo rapporto con il terreno; il sistema oculomotorio in quanto spesso è sede di piccoli difetti non corretti, o non passibili di adeguata correzione, o per l'uso di correzioni tramite lenti con effetti prismatici secondari; il sistema stomatognatico infine per le anomalie occlusali spesso presenti per anomala posizione dei denti o per effetti iatrogeni come l'assenza di elementi dentali o per precedenti terapie conservative non ottimali.
L'effetto finale sarà quello di un'integrazione sensoriale capace di produrre risposte muscolari adattive a carico del sistema tonico  posturale che inizialmente saranno compensative, oltre produrranno tensioni muscolari proprio per le caratteristiche della muscolatura tonica.
La sintomatologia deve la comparsa ad uno stress cronico sul sistema osteo-arto-mio-legamentoso che, in relazione all'epoca di comparsa, può rappresentare il primum movens per alterazioni strutturali se interviene in soggetti in crescita od una sindrome fibromialgica in soggetti ormai maturi.
Ciò che più spesso porta il malato all'osservazione del medico è il quadro algico a livello del collo e della testa, quasi sempre d'intensità non elevata, che può avere delle crisi tali da limitare l'attività del paziente. Fra le caratteristiche importanti per la diagnosi, e soprattutto nella diagnosi differenziale, vi sono l'associazione con altri segni, come pseudovertigini, lombalgia, ecc, così come le modalità d'insorgenza spesso caratterizzate da un inizio blando, difficile da identificare, ed un lento ma continuo aggravamento.
Nella diagnosi di questi quadri disfunzionali riveste particolare importanza l'anamnesi e la semiologia clinica, con test propri della posturologia, che individua i recettori posturali alterati e rende possibile la definizione delle catene causali individuando le cause primitive e gli adattamenti secondari.
L'inquadramento di questi disturbi prevede la loro suddivisione in cause ascendenti, discendenti e misti; nella realtà clinica si osservano sempre quadri misti.
Realizzato l'inquadramento diagnostico generale rivestono notevole importanza gli esami strumentali, fra questi la diagnostica per immagini e soprattutto le indagini funzionali, con ruolo prioritario per la stabilometria statica.
Lo studio funzionale del sistema stomatognatico prevede l'utilizzo d'esami specialistici quali:
l'elettromiografia di superficie dei muscoli masticatori, l'esame dei tragitti d'apertura e chiusura mandibolare, il Tscan.

La conoscenza delle problematiche posturali porta alla possibilità non solo di poterle diagnosticare e trattare, ma anche ad una adeguata prevenzione soprattutto delle cause iatrogene.
Il trattamento deve essere incentrato sulla rimozione delle cause primitive e la riprogrammazione posturale globale, pertanto la terapia si potrà realizzare attraverso trattamenti specialistici nonchè di un approccio multidisciplinare che interesserà varie specialità mediche fra cui ortopedici, fisiatri, otorinolaringoiatri, neurologi, odontoiatri, oculisti, ecc. così come altre figure professionali quali fisioterapisti, chiropratici ed osteopati.


Abstract dell'intervento del Dott. Roberto Facecchia(medico chirurgo, odontoiatra) al CONGRESSO MEDICO organizzato a MESAGNE dalla DIVISIONE DI ANESTESIA dell' OSPEDALE "PERRINO" di BRINDISI 

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POSTURA E SPORT

L’uomo si distingue da tutti gli altri mammiferi in quanto ha assunto la posizione eretta, questo per poter disporre dei due arti superiori atti ad effettuare una serie di azioni indispensabili per l’utilizzazione degli utensili. La possibilità di utilizzare gli utensili o strumenti è il punto di partenza per lo sviluppo delle capacità psicomotorie.
L’indubbio vantaggio di due arti liberi ha per alcuni versi indotto lo sviluppo delle capacità prensili ma soprattutto per l’altissima specializzazione delle mani, ha reso più complicata la stazione eretta in quanto questa deve essere assicurata dai due soli arti inferiori.
L’ortostasi, caratteristica precipua dell’essere umano, è garantita da un fine controllo di tutto il corpo umano che rende possibile non solo la posizione eretta ma il suo mantenimento nelle svariate condizioni ambientali.
Il controllo dell’ortostasi è un fenomeno dinamico che avviene attraverso una serie d’adattamenti e di servocontrolli tesi a far sì che la proiezione al suolo del baricentro corporeo, situato all’altezza dalla terza vertebra lombare, vada a cadere nel poligono d’appoggio.
Nel soggetto in ortostasi, fermo, il controllo dinamico non può avvenire pertanto attua un controllo di tipo statico attraverso delle contrazioni muscolari isometriche, questo è il controllo della postura ovvero della posizione del soggetto rispetto all’ambiente esterno.
La postura di un soggetto è quindi il modo di essere e di relazionarsi dell’uomo con ciò che lo circonda, non solo legato a fattori strutturali bensì intervengo nella sua determinazione anche i fattori biochimici e soprattutto psichici.
I fattori psichici sono di fondamentale importanza in quanto la postura ha un altissimo valore comunicativo essendo la più importante via ci comunicazione extraverbale oltre alla gestualità.
L’organismo umano nella sua ricerca d’equilibrio inteso come omeostasi, sia strutturale che biochimico o psichico obbedisce ad una regola fondamentale che è quella del comfort con il minimo dispendio energetico, questo è possibile solo in situazione fisiologica altrimenti si avrà uno schema adattato in cui è prioritaria l’assenza di dolore generando quadri adattativi meno confortevoli e più dispendiosi.
Questi concetti sono di fondamentale importanza nello studio della postura, in quanto il soggetto con dei disturbi a questo livello assumerà una serie di compensi che renderanno possibile l’omeostasi, ma lo faranno con una riduzione delle performance e/o con una aumentata possibilità di danni sul sistema mio-artro-ligamentoso.
Se tutto questo è importante nella vita quotidiana diventa fondamentale nella pratica sportiva non agonistica che soprattutto in quelle agonistiche dove vi è un’iper richiesta delle fisiologiche funzioni dell’organismo.
Tutti i fattori determinanti la postura del soggetto, quali i sistemi: vestibolare e uditivo, visivo ed oculomotorio, stomatognatico, podalico e tutta la propriocezione del corpo, possono nel loro funzionamento creare dei disturbi più o meno manifesti che con lo studio della postura possono essere messi alla luce e quindi passibili di adeguato trattamento.
Quello che lo studio della postura e la sua ottimizzazione con un’adeguata riprogrammazione, qualora sia necessaria, può dare nella vita di un atleta è innanzi tutto un aumento delle performance poiché uno schema fisiologico rende il gesto sportivo il meno dispendioso possibile, ma anche una prevenzione degli infortuni perché uno schema non fisiologico ovvero adattato oltre che essere dispendioso non è confortevole.
Lo schema fisiologico del movimento è dato dal giusto equilibrio fra gli agonisti e gli antagonisti, mentre quello adattato avviene mediante un non corretto equilibrio che ne crea uno nuovo e diverso, ovvero la presenza di ipertono di un agonista deve essere contrastata da un aumentato tono dell’antagonista che in quel momento doveva essere in una fase di recupero funzionale, perciò, a questo livello, si possono avere dei disturbi ad es. crampi in una fase iniziale o danni più o meno gravi nei casi inveterati.
In conclusione si può affermare che un corretto approccio posturale, al paziente di funzionale ma anche dello sportivo che voglia ottimizzare le proprie performance o anche nei trattamenti riabilitativi successivi ad infortuni più o meno gravi, sia imprescindibile.



Autori:

Dott. Giuseppe Costanza
Medico specialista in Medicina dello Sport, Fisiopatologia Respiratoria, perfezionato in Posturologia e Kinesiologia, Direttore del servizio di Medicina dello Sport A.S.l BA/"

Dott. Roberto Facecchia
Medico Chirurgo, Odontoiatra, presidente e fondatore dell’Associazione Pugliese di Medicina Olistica, vicepresidente del Cenacolo Odontoiatrico Talentino, perfezionato in Implantologia Orale, Ortodonzia funzionale, Odontoiatria Naturale, Posturologia Olistica e Gnatologia e Postura c/o l’Università degli Studi Tor Vergata di Roma. Tiene regolarmente corsi d’Implantologia, Odontoiatria Naturale e di Posturologia Olistica





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Quali sono le cause del progressivo e costante accorciamento della muscolatura?

C’è una causa legata alla fisiologia della contrazione muscolare.Durante tutte le attività motorie del vivere quotidiano (stare seduti, mangiare, sollevare pesi…) l’uomo utilizza essenzialmente contrazioni tonicche che favoriscono lo sviluppo di muscoli voluminosi, corti e resistenti all’allungamento (in una parola rigidi). Sono soprattutto i cosiddetti muscoli della statica, cioè quelli della catena posteriore, ad utilizzare questo tipo di contrazioni.
C’è poi una causa legata ad eventi eccezionali quando interviene un qualunque incidente di tipo meccanico (ad esempio una distorsione). La risposta muscolare in contrattura ed accorciamento ha lo scopo di immobilizzare l’articolazione colpita per permetterne la guarigione. La muscolatura però non ha la possibilità, una volta esauritasi la necessità di salvaguardare l’articolazione, di autoallungarsi. Così la contrattura muscolare residua viene assorbita e ridistribuita su più muscoli della propria catena concorrendo all’accorciamento dell’insieme.

La terza causa è in relazione ai problemi della sfera emotiva (in senso lato, non solo quelli patologici); uno stress di tipo psicologico o emotivo determina a livello corporeo una contrattura muscolare. La muscolatura è così vista come archivio della memoria emotiva.

L’insieme dei tre fattori che sono fisiologici e presenti in ognuno di noi determina nel tempo, per somma di accorciamenti, quelle modificazioni del normale equilibrio corporeo che sono alla base di tutti i processi patologici. Lavorando sulle retrazioni muscolari è quindi possibile procedere contro corrente rispetto alla propria storia clinica ed intervenire sulle cause che l’ hanno determinata.

Per gli atleti di alto livello il discorso si complica.

La dott.ssa Bertelè, consulente specialista  delle squadre nazionali di sci alpino maschile e femminile e di quella maschile di sci nordico, e che ha curato per patologie post-traumatiche atleti di livello nazionale di varie discipline, afferma che ogni sport, nessuno escluso, accorcia inevitabilmente la muscolatura delle catene muscolari, ma questo effetto negativo si ha tanto più quanto più lo sport viene praticato intensamente e precocemente. Inoltre lo sport praticato intensamente e gli impegnativi allenamenti quotidiani provocano un abnorme potenziamento di alcuni gruppi muscolari.

Non dovremmo quindi praticare più lo sport?

Anche se ogni movimento ed ogni sforzo provocano l’accorciamento delle catene (specie quella della colonna vertebrale e quella delle cinture scapolare e pelvica ), una corretta educazione posturale e motoria potrebbe riequilibrare la muscolatura e allungare quella che si accorcia e diventa rigida. L’unica possibilità per chi pratica gli sport e non vuole rischiare nel tempo importanti lesioni di muscoli, legamenti, dischi intervertebrali e articolazioni, è quella di controbilanciare l’inevitabile potenziamento di quegli specifici gruppi muscolari, sollecitati da quello sport, con un continuo lavoro di riequilibrio muscolare e di allungamento, che coinvolga tutti i muscoli ( lo stretching è infatti troppo segmentario, è un esercizio localizzato).
La dottoressa Bertelè ha analizzato in profondità la relazione tra sport e infanzia concludendo che “quando il bambino avrà sperimentato molteplici e diverse esperienze motorie, il suo schema posturale sarà maturo, completo e cosciente, sarà cioè in grado di percepire e controllare i movimenti. Solo allora, e non prima dei 10 anni, in un bambino sano senza difficoltà motorie particolari, si potrà iniziare a fargli sperimentare sequenze motorie sportive più complesse. Dal punto di vista dell’equilibrio muscolare, un’attività sportiva prematura provoca un potenziamento della muscolatura posteriore eccessivo e precoce, il cui accorciamento e irrigidimento sono favoriti anche dalle posizioni scorrette assunte spesso dai bambini a casa (in poltrona, sui divani), a scuola (su banchi inadeguati), a letto (dormendo proni).” Bisogna quindi ridare libertà al movimento per favorire l’equilibrio fisico dei bambini.



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giovedì 5 maggio 2011

Per chi vuol riflettere... "Il bilancio dei desideri" di Daniela Preite

Ecco una riflessione che mi è giunta sulla lettura de “Il Bilancio dei desideri”:
E’ un’ottima “guida” per guardarsi dentro, riflettere e migliorare il proprio modo di approcciarsi alla vita nel momento in cui essa ci porta a fare delle scelte. Aver paura di ritrovarsi soli, in uno stagno, è una paura che, credo, accomuni un po’ tutti e non solo coloro che hanno deciso di tener fede al senso del dovere e/o dell’”apparire! Purtroppo, non è semplice guardarsi dentro con disinvoltura, scoprirsi e redigere il proprio Bilancio dei desideri… questo comporterebbe, forse, smarrimento, rinunce, delusioni per noi stessi e per chi sta accanto. Tuttavia credo che i desideri autentici possano essere portati avanti (e soddisfatti) di pari passo a quelli materiali e immateriali, perchè è da essi che si traggono gli stimoli giusti per sentirsi in pace con se stessi e allo stesso tempo non ritrovarsi soli in uno stagno!!!

http://danielapreite.ormedilettura.com/

domenica 1 maggio 2011

Correzione sbilanciamento anteriore: caso concreto

G. è un ragazzo di 15 anni che pratica il calcio da diversi anni.
Presenta un baricentro leggermente spostato in avanti come nella figura D:

Prima del trattamento il suo appoggio podalico era il seguente:
Dopo aver allungato il muscolo psoas e tutta la catena muscolare anteriore e posteriore, mediante tecniche di stretching globale attivo, l'assetto diviene questo:
Come si può facilemente vedere l'appoggio del piede è aumentato sul retropiede per via di una decontrazione dei muscoli che causavano lo sbilanciamento del bacino in avanti.
Questa situazione di tensione, se non corretta, produce eccessiva tensione sia muscolare che vertebrale sul tratto lombale.

Precisiamo che l'appoggio del retropiede sinistro rimane più marcato per via di uno squilibrio laterale del bacino presente già prima del trattamento.
Vedremo in seguito il suo evolversi.


a cura di Donato Giannuzzi
tag: piedi, correzione piedi, postura, ginnastica posturale, trainer, lecce, donato, giannuzzi, dolori, schiena, cervicale, cervicalgia

Correzione appoggio del piede: un caso concreto

GM ha 16 anni e e gioca a calcio. Alcuni mesi fa ha subito un trauma ai legamenti della caviglia sinistra.
Dopo mesi di fermo e di riabilitazione torna ad allenarsi senza apparenti problemi.
Con l'aumentare dell'intensità delle prestazioni sportive inizia ad avvertire tensioni muscolari anomale sui muscoli delle gambe.
Pur riuscendo a rendere sulle performance il suo corpo è costretto a compensare l'appoggio del piede non corretto sollecintando altri muscoli stabilizzatori accessori.
Sebbene la corsa sia fluida e veloce la camminata è visibilmente "strana": con il piede destro riesce a compiere la sequenza tallone-punta mentre con il piede sinistro la sequanza è opposta! In pratica tocca terra prima con l'avampiede e poi poggia leggermente il retropiede. Tutto questo perchè la mobilità della caviglia sinistra è notevolmente compromessa dall'eccessiva tensione dei muscoli della catena muscolare posteriore sinistra.
Dall'esame dell'appoggio del piede effettuato con strumenti non professionali ma "adattati" (anche se pur sempre validi) si evince questo:
Come si può facilmente vedere il retropiede destro poggia regolamente mentre il retropiede sinistro poggia meno e compensa questa sua mancanza con una pressione maggiore dell'avampiede sinistro creando in questo modo dei compensi e una rotazione del bacino. Tutto questo avrebbe prodotto dei gran mal di schiena futuri e infortuni frequenti.

Dopo il primo trattamento di riprogrammazione posturale e di sblocco della caviglia con esercizi specifici la situazione risulta essere questa:


Come si può vedere, già da subito, l'appoggio del piede è migliorato e tende a scaricare in maniera più equilibrata il peso: l'appoggio sull'avampiede sinistro è diminuito mentre quello sul retropiede sinistro è aumentato bilanciandosi con quello del piede destro.

Questo rapido risultato positivo si è raggiunto perchè ci si trova davanti ad un adolescente, sportivo e soprattutto perchè si è intervenuti in tempo, prima che ulteriori compensi e blocchi motori abbiano prodotto ulteriori danni.

A breve pubblicherò le foto dell'evoluzione della situazione...

a cura di Donato Giannuzzi
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