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martedì 22 maggio 2012

Corsa e capacità di accelerazione: migliorare con le metodiche di stretching globale


Durante una partita di calcio fra professionisti il preparatore e l’allenatore attento potranno osservare, negli atleti, diversi livelli di capacità di accelerazione e di potenza del tiro.
Preso atto delle diverse morfologie e predisposizioni congenite dei vari atleti
(1) rimane da vedere come agire per migliorare, nei singoli calciatori, alcune importanti capacità motorie:
- estendibilità muscolare
- elasticità muscolare
- mobilità articolare.

Perché i muscoli dei calciatori sono contratti
In mie precedenti pubblicazioni
(2) ho già evidenziato come i calciatori si allenano e gareggiano come se un pilota procedesse con la propria auto con “il freno a mano tirato” ostinandosi ad aumentare la potenza del motore senza accorgersi di avere un freno (muscoli posteriori).
Inevitabilmente il gioco del calcio predispone l’atleta ad avere muscoli posteriori della coscia e polpacci molto contratti poiché nella sua corsa (fatta di scatti e cambi repentini di direzione) raramente si riscontra una estensione completa della gamba sulla coscia
(3).
Questo lavoro di semiflessione della gamba sulla coscia fa lavorare in modo costante il quadricipite, ma i muscoli posteriori dell’arto inferiore finiscono per avere un lavoro qualitativamente più importante. Infatti il ginocchio tende ad essere meno stabile rispetto alla posizione d’estensione.
Si ottiene, in questo modo, una diminuzione della funzione dei legamenti, compensata dal ruolo attivo dei muscoli posteriori. Il lavoro di intermittenza ha come risultato quello di valorizzare il volume dei muscoli e la loro vasomotricità, pertanto i calciatori sviluppano muscoli ischio-crurali voluminosi, robusti e corti per assicurarsi la stabilità del ginocchio
(4).

La potenza è nulla senza controllo
La logica vorrebbe che prima di procedere ad un lavoro di potenziamento della muscolatura anteriore (quadricipite) si iniziasse con un programma di allungamento globale della catena muscolare posteriore.
Le catene muscolari rappresentano circuiti in continuità di direzione e di piano attraverso i quali si propagano le forze organizzatrici del corpo”
(5). In pratica se devo allungare un elastico in modo efficace devo tirare le due estremità. La catena muscolare posteriore parte dall’occipite per arrivare al tendine d’Achille. Il muscolo quindi non va considerato un’entità isolata nel nostro corpo, ma è legato ad altri muscoli in maniera inseparabile, pertanto un allungamento di una parte si ripercuote inevitabilmente sull’altra.
Lavori analitici di stretching (esempio prima per il polpaccio, poi per il quadricipite, ecc.) non fanno che mettere in evidenza (per chi possiede competenze specifiche) “compensi” da un’altra parte del corpo, senza riuscire a modificare la “qualità” del muscolo.
Alcuni preparatori sono rimasti legati ad una concezione analitica del corpo come se lo stesso fosse costituito da “mattoncini della Lego”: ogni parte indipendente dall’altra.
In anni passati la ginnastica tradizionale prevedeva esercizi “settoriali”: prima per gli arti inferiori, poi per il pettorali, dorsali ecc.
A mio avviso questa impostazione ha dei grandi limiti che si evidenziano non solo quando il calciatore riporta degli infortuni muscolari, ma anche nelle sue capacità motorie e tecniche (corsa e tiro in modo particolare).
Nel mio ultimo volume
(6) ho evidenziato come la muscolatura del calciatore si comporta in maniera globale utilizzando le catene muscolari.
Per esempio nel tiro in porta si mettono in moto le cosiddette catene crociate (deputate ai movimenti di torsione) che vengono in ogni caso sostenute ed aiutate dalle catene posteriori.
Il corpo umano utilizza tutte le sue componenti per ottimizzare il gesto tecnico esattamente come una squadra che si muove simultaneamente in funzione della tattica che ha programmato.
Pertanto non ha molto senso aumentare il trofismo dei singoli muscoli attraverso le macchine per la muscolazione (modello analitico), poiché i muscoli vengono coinvolti nel gesto tecnico in modo assolutamente diverso (modello globale) da come vengono potenziati.

Calciare bene la palla
Nel lancio del giavellotto l’allenatore chiede costantemente all’atleta di portare il più possibile dietro il braccio per ottimizzare la potenza del lancio.
Come ricordava Bosco
(7) nell’atleta che calcia bene la palla vediamo che l’ultimo passo è quello più lungo nella rincorsa. Infatti la gamba calciante viene portata dietro in modo evidente, mentre nella fase finale del tiro la gamba viene portata avanti con un ottimo slancio e deve rimanere tesa.
Se durante il tiro riscontriamo frequentemente nei calciatori una semiflessione della gamba sulla coscia (o un semipiegamento della gamba d’appoggio) questo denota non solo una rigidità dei muscoli ischio-crurali, ma di tutta la catena posteriore (mettere una vostra foto di un atleta che calcia).

Togliere “il freno” e mettere il “turbo”
Come dicevo in precedenza se voglio allungare efficacemente un elastico devo tirare alle 2 estremità. Nel corpo le due estremità sono l’occipite e i piedi. Pertanto un lavoro a squadra (vedi foto) garantisce un allungamento più efficace poiché globale.
Questo “messa in tensione globale” non ha nulla a che vedere con lo stretching i cui limiti sono ben evidenziati in letteratura scientifica
(8).
La Ginnastica Posturale Globale prevede anche posture che vengono mantenute per 30 minuti, quindi anche i tempi e l’intensità del lavoro sono sostanzialmente diversi.
Una sola seduta a settimana garantisce una progressione didattica efficace.
Ovviamente vista l’intensità del lavoro bisogna adottare una tecnica rigorosa che si adegui all’esigenza del singolo atleta rispettandone le rigidità, ma anche la risposta (concetto di feed-back).
È il metodo che si adatta alla persona e non viceversa.

Non si tratta solo di prevenzione degli infortuni ma aumentare la potenza.
La scuola francese (Mézières, Souchard, Metodo delle 3 squadre ecc) nasce in contesti rieducativi, tuttavia in questi 18 anni di lavoro di ginnastica posturale globale ho sperimentato come queste tecniche possano incidere positivamente su atleti professionisti, ma anche del settore giovanile.
Ho voluto provocatoriamente scrivere che è necessario “togliere il freno a mano” poiché nessun meccanico aumenterebbe la potenza del motore senza calcolare le resistenze e la capacità di controllo dello stesso.
Gli infortuni muscolari e il top della prestazione (dal punto di vista fisico) sono a mio avviso da evidenziarsi sulla stessa scala.
Lo zero corrisponde ad infortunio muscolare mentre il massimo rappresenta il top della condizione.
Il calciatore che durante una gara riporta una distrazione o uno stiramento ai muscoli (senza contrasto con l’avversario) mentre compie uno scatto o un cambio di direzione, si colloca nella scala più bassa.
Tuttavia gli atleti che non hanno mai subito infortuni muscolari non necessariamente sono al top della condizione. La stragrande maggioranza (come evidenziano test di elasticità muscolare) si colloca a metà della scala.
L’impossibilità di aumentare la capacità di accelerazione e del tiro in porta risiede, a mio avviso, nei limiti dell’allenamento che predilige la contrazione concentrica (lavoro in accorciamento) a scapito della “messa in tensione globale” (lavoro eccentrico della muscolatura).
Nessun allenatore manderebbe in campo un calciatore in evidente soprappeso, tuttavia si continua a far giocare atleti con un elevato grado di rigidità muscolare (stiffness) che non solo sono a rischio di infortunio, ma non sono preparati per ottenere la massima capacità di accelerazione e forza esplosiva.
La capacità di accelerazione si collega alla capacità di calciare bene la palla e non sembra necessitare di muscoli particolarmente “sviluppati”, in ogni caso delle retrazioni e/o degli accorciamenti muscolari rappresentano dei limiti della capacità di corsa in accelerazione.

Conclusioni
Allenatori professionisti e preparatori continuano a ripetermi che bisogna cambiare la mentalità dei calciatori ed aumentare i tempi di allenamento (vedi doppia seduta giornaliera).
Credo tuttavia che questa inversione di tendenza debba partire inizialmente dalla società (in quanto i calciatori professionisti rappresentano un patrimonio) e dallo staff tecnico e medico.
Esame obiettivo e test di valutazione delle rigidità muscolari consentono di evidenziare già dal pre-campionato i calciatori con elevati gradi di stiffness.
In realtà i muscoli posteriori non vanno considerati sempre e solo un freno. Nell’azione di tiro in porta il quadricipite (o meglio la catena anteriore) rappresenta “l’agonista” mentre i muscoli posteriori (o meglio la catena posteriore) rappresentano gli “antagonisti”.
“L’antagonista” quando è troppo contratto (rigido o retratto) rappresenta un limite, ma è solo la punta dell’iceberg di un problema più ampio
(9).
Dopo un lavoro di “messa in tensione globale” si ottiene un deciso allungamento (in termini di lunghezza del muscolo) in questo modo i muscoli posteriori non rappresentano più un freno (non sono veri e propri antagonisti) ma intervengono positivamente nel controllo del movimento e in tutta l’azione motoria.
Un lavoro mirato e specifico di Ginnastica Posturale Globale (per piccoli gruppi omogenei) contribuisce in modo determinante a migliorare la performance del calciatore.



di Carlo Guidi Fabbri 
(Docente di Educazione Fisica, Chinesiologo ed Allenatore Giovani Calciatori)


Fonte: rivista l'allenatore



Note
1 Buzzi A.M.-Guidi Fabbri C. Le metodologie posturali in funzione educativa e rieducativa. Armando editore Roma 1996.
2 Guidi Fabbri C. Le metodologie posturali nella preparazione fisica del calciatore. Ed. Calzetti-Mariucci. Perugia 2005.
3 Guidi Fabbri C. Metodologie posturali nella preparazione fisica del calciatore. Notiziario Settore Tecnico F.I.G.C. N. 3 Anno 2006.
4 Busquet L. Le catene muscolari vol. 1 Ed. Marrapese Roma 1991.
5 Busquet L. Le catene… op. cit.
6 Guidi Fabbri C. Le metodologie… op. cit.
7 Bosco C. Aspetti fisiologici della preparazione fisica del calciatore, SSS Roma 1995.
8 Herbert R.-Gabriel M. Effects of stretching before and after exercising on muscle soreness and risk of injury: systematic review, British Medical Journal, 2002-325,468-470.
9 Guidi Fabbri C. Infortuni muscolari: la punta dell’iceberg. L’allenatore A.I.A.C. Nov-Dic. 2006

martedì 8 maggio 2012

Scoliosi o postura sbagliata?


Si parla tanto di scoliosi nei bambini e nei ragazzi, spesso impropriamente, definendo scoliosi qualunque incurvamento della colonna vertebrale. Invece la scoliosi vera e propria è una deformità che ha caratteristiche ben precise e che, riconosciuta e curata tempestivamente, ha ottime possibilità di non creare problemi in età adulta.

Affrontiamo l’argomento con il dott. Stefano Negrini, medico fisiatra di Isico, l’Istituto Scientifico Italiano Colonna vertebrale di Milano.Che cos’è la scoliosi. La scoliosi è una deformità della colonna vertebrale, associata a una torsione delle vertebre. Interessa in media il 2-3% della popolazione, con una prevalenza delle femmine rispetto ai maschi (7 su 10).

Le cause. 

“Nell’85% dei casi la scoliosi è idiopatica, cioè non se ne conoscono con precisione le cause” spiega il dott. Negrini. “Probabilmente si tratta di una malattia genetica multifattoriale, che deforma la colonna vertebrale in modo progressivo. Si è visto però che c’è una predisposizione familiare, per cui se già la mamma o la nonna ne hanno sofferto, il bambino ha maggiori probabilità di esserne colpito. Non è vero invece che la scoliosi sia determinata dalle posture scorrette o dal peso eccessivo degli zaini che i bambini portano ogni giorno a scuola, che possono semmai causare a lungo andare dolori alla schiena”. Nelle altre forme meno frequenti, dette secondarie, la scoliosi può dipendere da patologie neurologiche, congenite, metaboliche.

Quando si manifesta. 
Durante la crescita, in particolare tra i 10 e i 13 anni, età caratterizzata da una rapida crescita della struttura ossea.

Come ci si accorge se c’è. 
Basta fare un semplice test, detto “Adams test”: si fa piegare il ragazzo in avanti a gambe tese; se c’è scoliosi, un lato della schiena appare più alto rispetto all’altro. In tal caso occorre informare il pediatra, che indirizzerà verso lo specialista di scoliosi (fisiatra od ortopedico). Per la conferma della diagnosi lo specialista prescriverà una radiografia della colonna in piedi.Non confondere la scoliosi con l’atteggiamento scoliotico. La scoliosi è una patologia vera e propria, che non ha nulla a che vedere con i cosiddetti “atteggiamenti scoliotici”, che sono dei vizi di portamento, che fanno assumere ai bambini posture che incurvano la colonna vertebrale” precisa il fisiatra. “Si tratta di atteggiamenti viziati dovuti principalmente a mancanza di attività fisica ed a posizioni scorrette mantenute a lungo, ma non corrispondono ad una effettiva deformazione della colonna vertebrale. Distinguere l’atteggiamento scoliotico dalla scoliosi vera e propria è semplice, perché facendo il test di Adams non si rileva alcuna curvatura”.Importante una diagnosi precoce. La scoliosi è una patologia ad evoluzione piuttosto rapida, soprattutto durante la pubertà. Più presto si riconosce, più presto si possono cominciare i trattamenti; se si aspetta troppo si rischia di trovarsi di fronte ad una scoliosi più grave che richiede trattamenti più lunghi e severi. Se invece si interviene subito, quasi sempre si riesce a frenarne l’evoluzione ed a volte a migliorare la deformità della colonna, sempre con ottimi risultati anche dal punto di vista estetico.

A chi rivolgersi. 
Innanzitutto al pediatra, che indirizzerà verso un fisiatra o un ortopedico specializzato in scoliosi. E’ molto importante infatti rivolgersi a professionisti esperti del problema, che sapranno consigliare tempestivamente le terapie più indicate in base all’entità della scoliosi.

Come si cura. 
La terapia va per gradini, in base alla gravità dell’alterazione della colonna. Nei casi molto lievi, la situazione viene semplicemente monitorata attraverso visite periodiche, perché non è destinata a creare problemi in età adulta: l’importante è che non peggiori. Se si rileva un peggioramento o la scoliosi è già più importante alla prima scoperta, vengono insegnati degli esercizi specifici, da ripetere con costanza due-tre volte alla settimana. Questi sono in grado di rallentare l’evoluzione ed hanno lo scopo di evitare un corsetto.Nei casi più seri, in cui è necessario bloccare assolutamente la patologia e possibilmente migliorare, è necessario mettere il corsetto, che ad oggi è la terapia più efficace per curare la scoliosi. Ce ne sono diversi tipi, da indossare dalle 18 alle 24 ore al giorno. Normalmente il corsetto è basso, ascellare, quindi si riesce a nascondere bene sotto i vestiti (e questo lo rende molto più accettabile da un punto di vista psiclogico). “Con un corsetto ben fatto il ragazzo può (e deve) condurre una vita del tutto simile a quella dei suoi coetanei” precisa il dott. Negrini, “così come può fare ginnastica a scuola o praticare sport. L’attività fisica anzi è assolutamente consigliabile perché migliora l’efficacia del corsetto”. Quasi mai si rende necessario il corsetto con il collare.Sempre meno usato invece il gesso, che recentemente è stato sostituito da un nuovo tipo di corsetto, sicuramente meno impegnativo da portare.Solo nei rari casi in cui la terapia non sortisce gli effetti sperati o se la scoliosi viene scoperta con molto ritardo e non è più possibile arrestarne l’evoluzione, è necessario ricorrere al bisturi.

Attenzione alla psiche.
Quando si deve sottoporre il ragazzo ad una terapia lunga ed impegnativa come quella per la scoliosi, è importante non trascurare neanche gli aspetti psicologici, tenendo conto che si tratta di un’età in cui ci si confronta con i coetanei ed è facile sentirsi diversi, soprattutto se costretti ad indossare un corsetto per tutto il giorno. Ecco perché è importante un counseling di tipo psicologico (normalmente effettuato dagli esperti che curano la scoliosi e solo in rarissimi casi da psicologi), non solo con il ragazzo ma anche con i genitori, affinché aiutino il figlio ad affrontare il problema nel modo giusto.

Autore: Angela Bisceglia www.nostrofiglio.it