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martedì 20 settembre 2011

Stress: cause, manifestazioni e rimedi naturali

Colite, gastrite, mal di testa, dolori muscolari, abbassamento delle difese immunitarie, manifestazioni allergiche, ma anche frequente stanchezza generale, scarsa qualità del sonno, irritabilità ed instabilità dell’umore.
Chi di noi almeno una volta non si è accorto di soffrire contemporaneamente di più d’uno di questi disturbi e, recatosi dal proprio medico, sentire la frase “… non si preoccupi, niente di grave, solo un po’ di stanchezza e stress”, cioè scoprire di essere sano come un pesce ma di non star bene?
A spiegarci tutto quello che c’è da saper sullo stress è la Dott.ssa Simonetta Marucci, Medico Chirurgo, Specialista in Endocrinologia, Agopuntore, Omeopata ed Omotossicologo a Spoleto.
Il termine “stress” viene utilizzato con grande facilità. Ma cosa è esattamente lo stress dal punto vista medico?
Comunemente il termine stress possiede un’accezione negativa (in ingegneria “stress” indica la tensione e lo sforzo a cui viene sottoposto un materiale rigido in condizioni di sollecitazione): indica uno stato o un complesso di fattori che possono favorire l’insorgenza di una malattia sia somatica che psichica; ma da un punto di vista biologico esso è l’essenza stessa della vita. L’attivazione dei sistemi biologici comportamentali in conseguenza dell’esposizione ai vari stressor ambientali migliora la plasticità dei sistemi biologici, riducendo il rischio di malattia, insomma… è il sale dell’evoluzione. Le cito le parole del “padre dello stress”, H. Selye:
“Lo stress è una risposta essenziale per la vita, la completa libertà dallo stress è la morte. Contrariamente a quanto si possa pensare, non dobbiamo e non possiamo evitare lo stress, ma possiamo andargli incontro in modo efficace traendone vantaggio, imparando di più sui suoi meccanismi, ed adattando ad esso la nostra filosofia dell’esistenza”.
Si capisce, dunque, che non si tratti solo di un modo di dire ma di qualcosa di ben più importante e complesso.
Gli sviluppi più attuali del concetto di stress hanno portato vari autori a interpretare lo stress come un’ampia reazione biologico-comportamentale finalizzata alla conservazione della vita e conseguenza di un processo di selezione naturale … cioè a dare ad essa una valenza decisamente positiva. Tuttavia affinché ciò avvenga, è necessario che si verifichi il ciclo di attivazione/disattivazione dello stress in modo completo e corretto attraverso l’inattivazione finale dello stimolo.
Quando lo stressor non è particolarmente aggressivo e soprattutto è circoscritto ad un preciso frame di tempo, e i sistemi di controllo omeostatico
sono efficienti, si attiva l’asse dello stress in maniera fisiologica. Come osservò Selye si attiva in particolare il cosiddetto asse HPA (Ipotalamo-Ipofisi-Corticosurrene).
Tale reazione è utile e finalizzata all’adattamento dell’organismo alle richieste dell’ambiente. E’ quello che avviene quando viviamo una situazione di paura, ovvero quando, conoscendo perfettamente il pericolo, siamo in grado di valutarlo e dunque affrontarlo: per i nostri antenati era la consapevolezza che, per esempio, in una certa parte della savana sussistesse il pericolo di essere sbranati da un leone e dunque bisognasse tenere all’erta tutti sensi, per noi è la consapevolezza che, se non si è perfettamente concentrati, non si potranno superare le prove alle quali la vita ci sottopone (un esame, un calcio di rigore, il primo appuntamento con una ragazza).
Per salvarsi dal leone e per segnare il calcio di rigore “occorre lo stress”.
Quindi possiamo arrivare a dire che lo stress può anche far bene?
Esattamente. In questo caso si parla di eu-stress.
Ma allora quando lo stress diventa patologico?
Quando lo stressor è più aggressivo o non conosciamo esattamente l’entità del pericolo (cioè non si tratta di paura ma di ansia) e, soprattutto, esso è protratto per un lungo periodo di tempo o, ancora, le condizioni di equilibrio omeostatico del soggetto sono precarie, si verifica un’attivazione dell’asse dello stress che dalla fisiologia sconfina nella patologia: cioè si diventa inabili a disattivare l’asse HPA.
A tal proposito è interessante osservare come tutti gli eventi della scala internazionale dello stress siano accomunati da un unico elemento: il cambiamento.

Ecco dunque la dinamica dello stress: non sappiamo cosa ci aspetta dietro l’angolo, questo crea ansia, l’ansia attiva in maniera inadeguata e protratta l’asse dello stress, una grande quantità di cortisolo si riversa in circolo, ad una prima fase di allarme con attivazione di una risposta opportuna volta al “combattimento”, segue una seconda fase di resistenza (down regulation dei recettori ipotalamici del cortisolo) con adeguamento dell’organismo ad una non-risposta, ed infine il ciclo si conclude con la fase di esaurimento: le surrenali non sono più in grado di produrre nelle corrette quantità i propri ormoni del fighting, cortisolo e adrenalina.
A questo punto, quali sono i campanelli d’allarme, cioè i segni che ci fanno capire di essere sotto stress -quello “cattivo”?
Ci si sente esausti: davvero non si ha più energia, la vita perde di interesse, non si dorme più la notte, si compromettono le relazioni sociali ed affettive, si cerca consolazione ad una condizione psichica insostenibile cercando di disattivare in maniera artificiosa lo stress, dando così origine ai cosiddetti disturbi comportamentali da stress:
• alcoolismo
• tabagismo
• anoressia o bulimia
• ansia o depressione
Compare anche un’ampia gamma di disturbi psico-fisiologici:
• turbe del sonno
• inappetenza
• astenia
• amenorrea
• sintomi cardiovascolari
• dispnea
• disturbi della digestione
• iperidrosi
• tensione muscolare
E’ la cosiddetta Sindrome da Stress Cronico o Sindrome del Burn Out.
Quanto ci dice è molto affascinante. Può approfondire questo aspetto?
Le più recenti interpretazioni in chiave psico-neuro-endocrino-immunologica dello stress riconducono l’etio-patogenesi della Sindrome del Burn-Out ad una de-sincronizzazione dell’asse HPA. In termini molto semplici: il soggetto stressato non è più capace di agire sull’interruttore dello stress, cioè di attivarlo e, ancora di più, di disattivarlo.
Insomma lo stress cronico è una vera e propria malattia. Però sovraccaricare l’organismo di altri farmaci potrebbe far entrare il nostro soggetto stressato in un tunnel senza fine. Esistono delle alternative valide offerte dalla Medicina Biologica?
Sofisticati studi in campo fitoterapico ed omeopatico hanno portato all’identificazione prima ed all’applicazione poi di alcuni principi farmacologici che, lavorando contemporaneamente su tutte le strutture dell’asse HPA, sono in grado agire su di esso risincronizzandolo e rendendolo nuovamente abile ad attivarsi e disattivarsi.
tratto dal sito WWW.GUNA.IT - Lo specialista risponde

domenica 18 settembre 2011

Intolleranze alimentari: sintomi e rimedi


Di seguito sono schematizzati i principali disturbi che possono presentarsi nei casi di reazione avversa agli alimenti.
Apparato respiratorio: Riniti, sinusiti, tosse, sindrome asmatiforme
Apparato gastro-enterico: Coliti, colon irritabile, gonfiori, stipsi, diarrea, dolori addominali, gastrite, prurito anale
 
Apparato genito-urinario: Calo della libido, disuria, cistiti e vaginiti ricorrenti

Apparato cardio-circolatorio: Aritmie, palpitazioni

Apparato muscolo-scheletrico: Crampi, spasmi, dolori ossei e muscolari

Apparato cutaneo: Eczema, acne, prurito, seborrea

In altre parole le interferenze con il sistema immunitario possono essere all’origine di molte patologie. In particolare il continuo stimolo delle cellule dell’immunità porta alla formazione endogena di radicali liberi che danneggiano i tessuti con conseguenze anche gravi per lo stato di salute.

Oltre a ciò la presenza di intolleranze può generare sintomi generici, non correlabili a patologie vere e proprie quali: sovrappeso, facile affaticabilità, cefalea, difficoltà alla concentrazione.

L’alimentazione e lo stile di vita sono universalmente riconosciute come cause principali di intolleranza.

Lo stile di vita errato, soprattutto vita sedentaria, fumo e consumo di alcolici, porta all’insorgenza di disfunzioni gastro-intestinali (gastriti, coliti, stress…) che, a loro volta, sono “preparatorie” all’insorgenza delle intolleranze.

Una alimentazione incongrua come consumo in eccesso di grassi animali, scarso apporto di frutta, verdura e pesce, assunzione in via continuativa di latticini (che sono presenti in numerosi preparati industriali) ed altri, può alla lunga generare una stato di irritazione dell’apparato digerente, condizione favorente la genesi delle intolleranze.

È stato dimostrato da ripetute esperienze che la terapia farmacologica delle intolleranze da risultati solo parziali e mai definitivi (si interviene sul sintomo ma non sulla causa del disturbo).

L’approccio dieto-terapeutico ha invece dato buoni risultati. Per capire come bisogna procedere correttamente è necessario chiarire alcuni aspetti:

- la dieta deve essere gestita da specialisti accreditati

- l’elaborazione della dieta deve essere secondaria alla valutazione clinica e ai risultati di test appropriati che evidenzino gli alimenti mal tollerati

La dieto-terapia delle intolleranze contempla:

- diete di esclusione: individuati gli alimenti mal tollerati, si procede alla prescrizione di un regime dietetico che escluda tutti gli alimenti coinvolti per periodi anche lunghi. È stato notato che questo tipo di approccio non è esente da rischi per il paziente; vi sono situazioni cliniche (età pediatrica, gravidanza, anziani…) che mal sopportano regimi dietetici a volte troppo ristretti per essere compatibili con la salute del paziente.

- diete di rotazione: richiedono un impegno più articolato da parte sia del paziente che del medico prescrittore. Questo tipo di dieta contempla infatti l’esclusione a “cicli” degli alimenti coinvolti allo scopo di recuperare, nel tempo, l’intolleranza.

In sintesi molti esperti ritengono che le diete di esclusione a vita degli alimenti mal tollerati siano utili solo nei casi di allergia alimentare IgE mediata e solo nei casi in cui i livelli circolanti degli anticorpi siano molto elevati, mentre le diete a rotazione, che prevedono anche periodi di alimentazione libera, sono meglio accettate a parimenti efficaci per il recupero delle intolleranze.

Dr. Giuseppe Pigoli www.mieintolleranzealimentari.it

giovedì 15 settembre 2011

Problemi vertebrali, scoliosi: andiamo dal dentista!

Nel caso di una Disfunzione Cranio-Cervico-Mandibolare Discendente, l'Odontoiatra indirettamente puo' concorrere con le sole terapie gnatologiche a ridurre o risolvere i sovraccarichi o le deviazioni posturali della colonna vertebrale .

Fin dalla più tenera età possono presentarsi cause con eziopatogenesi posturale, che esibiscono la potenzialità di generare delle Disfunzioni Cranio-Cervico-Mandibolari, che in questo specifico caso vengono definite “Ascendenti“. A queste concorrono causalmente -con alto indice statistico- tutte quelle condizioni di cattiva postura, che possiamo notare frequentemente nei nostri bambini, in cui la colonna vertebrale e tutta la muscolatura del dispositivo assile posturale, vengono deviate rispetto alla norma e sottoposte a continui fattori tensivi.

Queste condizioni, soprattutto in età di crescita, rappresentano un fattore notevolmente modificante, sul corretto sviluppo del dispositivo posturale e distretto cranio-cervico-mandibolare.

Le cause che possono comportare una turba posturale del bambino, sono numerose.

Un precoce inizio della deambulazione, può comportare deviazioni dell’arco plantare, cioè quella curva fisiologica che ha il piede, per garantire un carico equilibrato e ben distribuito di tutto il peso corporeo in stazione eretta.
Lo stesso vale per le dismetrie degli arti inferiori che possono insorgere in età infantile o adolescenziale a seguito, per esempio, di fratture degli arti inferiori soprattutto se curate con lunghi periodi di contenzione con gesso.

Qualunque evento che influisca negativamente sulla postura e sull’appoggio plantare, comporterà un asimmetrico tensionamento dei muscoli di un lato del corpo rispetto al controlaterale, dando luogo nel tempo, e soprattutto con il permanere dei fattori causali non corretti, ad uno squilibrio posturale dei distretti superiori.

La prima importante stazione posturale che può venire interessata nel caso di una dismetria degli arti inferiori o di un’alterazione dell’arco plantare del giovane Paziente è il bacino. Esso può presentarsi asimmetrico o spazialmente mal posizionato (squilibrio della linea bi-spino iliaca). Questo evento parafunzionale o disfunzionale, può coinvolgere anche la colonna vertebrale che, con una curva di compenso, può annullare o ridurre nei distretti più alti gli squilibri esistenti nei distretti inferiori.
Questo compenso però può avvenire in maniera eccessiva, compensando lo squilibrio, ma generando un ipercompenso, che diverrà causa di un nuovo scompenso posturale del dispositivo osseo e muscolare posto a monte del distretto pregressamente interessato. Tali effetti possono trasmettersi sempre più in alto, fino a coinvolgere il cingolo scapolare, che è un’altra stazione intermedia, ove possono compensarsi od esaurirsi squilibri ascendenti a partenza dalle porzioni più inferiori del sistema posturale.
Successivamente, verrà interessato il distretto cranio - cervico - mandibolare, che è quello di nostra competenza specialistica.

E’ cosi che si genera una Disfunzione Cranio-Cervico-Mandibolare Ascendente, cioè quel tipo di patologia disfunzionale, che ha come causa etiologica uno squilibrio posturale, che può presentarsi -come già detto- a causa di una alterazione dell’arco plantare, una dismetria degli arti, degli squilibri vertebrali con cifosi, lordosi, scoliosi patologiche, così frequenti nei giovani d’oggi, fino a manifestarsi con un sovraccarico disfunzionale delle strutture osteo-mio-articolari del distretto cranio - cervico - mandibolare, con la relativa polisintomatologia specifica.

Oggi tanti vizi di postura si notano in ragazzi o adolescenti, che frequentemente sia nello studio che nel tempo libero ed in varie altre occasioni di vita, assumono posizioni viziate, errate e non fisiologiche.

Il motivo per cui le deviazioni del “dispositivo assile” -di cui arti inferiori, bacino e colonna vertebrale fanno parte - si trasmettono al distretto cranio-mandibolare causando anche disfunzioni delle articolazioni temporo-mandibolari, è dovuto al fatto che tutte le ossa sono “immerse” in masse muscolari. Nel caso in cui un segmento osseo sia deviato, i segmenti a monte vengono tensionati dalle masse muscolari, come farebbero degli elastici in tensione, causando sui segmenti ossei a monte ulteriori tensionamenti e interessando, in ultima analisi, anche la mandibola, che è collegata indirettamente alla colonna vertebrale tramite alcuni muscoli che la ancorano al cranio, all’osso joide, etc.

Quindi, nel caso di una Disfunzione delle Articolazioni Temporo Mandibolari (A.T.M.),-che rappresenta una delle forme di Disfunzione Cranio-Cervico-Mandibolare (D.C.C.M.) , -se è provata una caratteristica “ascendente”-, pur essendo presenti tutti i sintomi classici della disfunzione in oggetto: limitazione di apertura della bocca, rumori articolari , cefalea, cervicalgia, capogiri, acufeni, abbassamento dell’udito, etc.), l’intervento iniziale non dovrà essere Gnatologico, ma prettamente Ortopedico-Fisiatrico, cioè finalizzato alla soluzione delle cause etiopatogenetiche, onde evitare delle recidive. Solo successivamente a questo primo momento terapeutico, andrà effettuata una rivalutazione Gnatologica, finalizzata ad effettuare eventuali ulteriori interventi terapeutici specifici.

La Terapia, come in qualsivoglia branca medica, và sempre effettuata dopo la identificazione della causa (o le cause) di una patologia ed è finalizzata a curare la causa (o le cause) e non gli effetti!

Ma si può verificare anche l’evento opposto, cioè che una scoliosi, una cifosi o una lordosi patologiche, possano essere ricollegabili etiopatogeneticamente ad una Disfunzione delle Articolazioni Temporo Mandibolari con caretteristica “discendente”, in cui la“disfunzione delle A.T.M.”, per il solito coinvolgimento e tensionamento muscolare di cui già si è già parlato, possa coinvolgere i distretti vertebrali sottostanti. Ciò può avvenire soprattutto in età giovanile e può causare deviazioni della colonna vetebrale, che non devono essere trattate dall’Ortopedico o dal Fisiatra, perché darebbero sicuramente una recidiva, in quanto non verrebbe annullata la causa. In questi casi, l’intervento può essere condotto solo da uno Gnatologo Clinico, dopo una diagnosi specifica. Tale intervento durante l’itinerario terapeurico indirettamente correggerà ( in soggetti giovani ), anche le deviazioni esistenti nella colonna vertebrale. La “diagnostica differenziale” in questi casi, rappresenta un elemento diagnostico di fondamentale importanza. Ciò permette di evitare, soprattutto in età giovanile, inutili trattamenti terapeutici “non mirati”, con alto indice di recidiva.

La Intercettazione Diagnostica di questi Casi Clinici è deputata non solo agli Odontoiatri ed ai Gnatologi Clinici, ma anche agli Ortopedici ed ai Fisiatri, nonché ai Pediatri ed ai Medici di Base.

http://www.dentisti-italia.it Dott. S. Audino Palermo (PA)